29 settembre 1880

Apposizione di parafulmini

di A. Mambelli

           Più volte minacciati dai fulmini e il tempo e la torre dell'antica e magnifica cattedrale di Atri, finalmente alla lodevole determinazione si giunse di munirla di parafulmini i quali già ora son posti e funzionano. L'ultimo terribile fenomeno elettrico, per cui la forte spinta ad invocare il soccorso della scienza e dell'arte, si verificò ai primi dì del dicembre 1878, e dico terribile poiché un fulmine globulare scoppiò fra la torre della cattedrale e la cupola del vicino tempo di S. Reparata, punti distanti fra loro un 60 metri risolvendosi l'accumulo elettrico per neutralizzarsi prontamente col suolo, in più di sei correnti fulminee, col cadere parte di loro sul tempo cattedrale e parte in quello annesso di S. Reparata. Gli effetti non furono molto disastrosi, poiché più fulmini furono condotti dai canali di zinco, introducendosene un solo nella cattedrale e due in S. Reparata, perforando mura di oltre un metro e mezzo di doppiezza.
           E' un fenomeno rimarchevole quello, che le scariche elettriche sogliono avere luoghi e direzioni spesso costanti; ciò forse per cause locali persistenti alla più facile induzione dell'elettrico sotto l'influenza delle nubi temporalesche e della facile conducibilità nella scarica. In altre epoche i fulmini tennero la stessa vita, che nel dicembre 78; quindi per tale riflessione mi adoperai a tutt'uomo di persuadere i reverendissimi canonici di preservare il tempio pregevolissimo per opere di arte, col munirlo di parafulmine. Lodevole fu il concorso di monsignor vescovo che ne approvò pienamente il divisamento. Alcuni però tra canonici dubitavano dell'efficacia di parafulmini, anzi ne temevano i cattivi effetti, ed erano rafforzati ne' loro torti giudizii da certi, che, avendo letto pochi frontespizii di libri e digiuni affatto di scienze naturali, bestemmiano in ogni parola in materia di scienze ed arti. Onde snebbiare le tenebre d'ignoranza e vincere la resistenza de' pregiudizii, fu mestieri farne proposta ad uomini dottissimi, affinché si fossero imposti con la loro autorità. Si scrisse fra gli altri al chiarissimo astronomo G. Stanislao Ferrari, fu direttore della Specola di Roma e collaboratore del compianto illustre astronomo P. Secchi. Egli da uomo dotto e gentile qual'è, rispose subito, dileguando pregiudizi ed offrendosi col massimo disinteresse e con isquisita cortesia a venir sopra luogo per consigliare e determinare il da fare, coll'attenersi al sistema adottato dal celebre F. Secchi in molti luoghi e pienamente ovunque riuscito. E' buono dirne poche parole, ché potrebbero servire di sprone a covrire dai sinistri del fulmine le città che ne difettano.
           In tutt'i tempi lo spaventevole fenomeno del fulmine ha scosso l'immaginazione umana, e si è cercato perciò rinvenirne la causa; ma l'uomo aberrò da errore in errore, finché l'immortale Franklin non ne determinò l'essere, la natura e le ragioni, circa la metà del secolo passato. Egli vide nell'apparecchio, per cui giunse alla scoverta dell'elettrica scintilla, il mezzo efficente per difendersene: la punta metallica attirar doveva a sé la scarica e mercé un conduttore disperdere l'elettricità nel suolo. Alla fine del secolo passato, dopo molto discutere, per esortamento di un membro dell'Accademia delle scienze in Francia, il sig. Le Roy, so covrì di punte metalliche il palazzo del Louvre, e poscia si die' opera, mercé una Commissione scelta dalla stess'Accademia, per covrire le polveriere. Qui non intendo stendere la storia della propagazione de' parafulmini, ché dovrei ricordare gli sforzi durati da grandi uomini, quali sono Franklin, Le Roy, Coulomb, Laplace, Rochon, Gay-Lussac, Pouillet ecc.; ma può ben dirsi essersi estesa troppo lentamente tale immensa conquista delle scienze. L'accademia in definitiva adottò un motivo tale, che fino ai giorni attuali è stata la guida degl'ingegneri per la sistemazione de' parafulmini. Non per questo però di tratto in tratto non è stato atteccato or da una banda, ora dall'altra il metodo dall'Accademia francese consacrato, che s'è discusso della materia del conduttore, e della doppiezza necessaria di esso, e della forma delle punte, se una o molteplice, e della estensione dello scaricatoio ec. Senza venire a particolarità di sorta per discuterne, manifesterò il metodo seguito nell'impianto de' parafulmini nella Cattedrale di Atri, ch'è di determinazione del P. Secchi, ed adottato dal suo collaboratore P. Ferrari.
           La magnifica torre della Cattedrale si è scelta come centro dell'azione preventiva e preservativa de' parafulmini, poiché presenta la rimarchevole altezza di 60 metri; quindi nel rattenere che sopra uno spazio espresso dalla base di un cono di 120 metri, abbraccia non solo la Cattedrale tutta quanta e il tempo contiguo di S. Reparata, ma moltissime altre fabbriche pubbliche e private. non per questo però anche sulla cima della cupola di S. Reparata si è posta una punta per prevenire scariche laterali. Alla cima della torre e superiore alla croce si è collocata la punta principale di rame dorato e con l'estremo di platino. Un cinque metri al di sotto della piramide ottagonale della torre sono otto merli terminati in punta e con le crocette; e 20 metri della punta principale sorgono altri quattro merli, che terminano i quattro angoli del corpo inferiore della torre. A questi merli principali si son fissati altre quattro punte con aste a diagonale della inclinazione di 45°, per prevenire scariche laterali in un temporale per nubi basse con tensione elettrica. Le punte della torre hanno un solo scaricatoio, ed uno a sé ne ha quella della cupola di S. Reparata. Frattanto la corda principale conduttrice, che scende dall'asta della croce, si è posta in conduzione co' ferri di una gradinata, esterna a staffe, che comincia dai secondi merli, e con le punte di questi stessi, dietro un circuito chiuso passante per le crocette, affinché scintille non abbiano a divergere dal conduttore. La corda poi allaccia le quattro punte a diagonale de' quattro merli principali, e formando un secondo circuito, scende in definitivo lungo il resto della torre a perpendicolo nello scaricatoio posto nel piede della torre stessa.


           Le parti da esaminarsi nel sistema dell'illustre P. Secchi, rispetto a ciò che pensano e praticano molti altri, sono punte, conduttore e scaricatoio. Oggi si è molto discusso se convenga la punta unica sul palo di ferro conduttore o più punte che han chiamato a pennacchio. Il P. Ferrari, seguendo i dettati del P. Secchi, ha adottato la punta semplice, non perché la pluralità di loro produca male, ma per la loro quasi inutilità, perché non fossero distanti e molto divergenti fra loro. Infatti è mestieri distinguere il doppio ufficio del parafulmine, cioè quello della scarica brusca per scintilla, e quello della scarica silenziosa, tranquilla, chiamando i fisici la prima funzione preservatrice e preventiva l'altra. Per teoria e per pratica si sa, che qualunque sbarra metallica posta in tensione per elettricità indotta dalla elettricità contraria della nube uraganosa è egualmente colpita dal fulmine anche spuntata, e forse meglio nell'essere una che molteplice, perché in una si manifesta maggiore accumulo di elettricità e perciò tensione maggiore. La vera utilità delle punte è per la scarica silenziosa, per l'azione preventiva, nella quale per le punte con maggior facilità l'elettrico indotto sfugge per neutralizzare l'elettricità contraria delle nubi. Ma le punte multiple in tal caso danno un grande risultato, poiché per esperienza si sa, che una sola si mostra ordinariamente luminosa nella funzione. Dall'altra banda la punta unica, costruendosi più robusta delle multiple, riuscì meno fusibile nelle forti scariche. Molti si spaventano pel caso che la punta unica si fondesse; ma non riflettono che andrebbe a cessare in qualche modo l'azione preventiva, rimanendo la preservativa: sarebbe diminuita un'attività di funzione, senza però spiegare una forza dannosa.
           Gli elementi proprio essenzialissimi per un eccellente parafulmine sono: conduttore e scaricatoio; dalla insufficienza di questo e dalla non continuità o robustezza di quello dipendono tutt'i sinistri cagionati dai fulmini non ostante l'apposizione di punte uniche o multipli. Oggi può dirsi invalso l'uso delle corde metalliche invece delle catene, ché queste con facilità presentavano discontinuità fra gli anelli per l'ossido. I metalli adoperati sono rame e ferro. Il primo però, mentr'è magnifico conduttore, all'azione dell'energiche correnti si consumano, si rompono, si mineralizzano; dippiù all'azione dell'umido si ossidano consumandosi col diffondere l'ossido ai corpi circostanti. Non rimane che il ferro quindi per luso de' parafulmini. Ora si domanda: val meglio la corda in ferro adoperata tutto un pezzo, col torcerla secondo l'andamento delle parti architettoniche della fabbrica, oppure a pezzi raggiungi? In questo secondo caso quale miglior metodo? Il primo sistema non è da raccomandarsi poiché per la torsione la corda può presentare lesioni, che col tempo sotto l'influenza della umidità e dell'elettrico va a deperire, ed anche se i fili fossero galvanizzati con patina di zinco, con la torsione, ledendosi la patina, si darebbe miglior agio alla ossidazione, perché si formerebbe una coppia voltaica. Il secondo sistema è il migliore, ed è quello adottato dal P. Secchi, però senza affidarsi alla chiodatura, che nel caso dovrebb'essere sempre doppia e saldata, cosa ben difficile eseguirsi con puntualità nell'alto ed in luoghi incomodi; ma alle congiunture per mezzo di barilotti metallici d'impanature agli estremi destre e sinistre, così stringendo i capi de' pezzi del conduttore da farli combaciare perfettamente. Il conduttore principale posto è di 18 mellimetri di diametro e per pezzi lunghi 5 metri. Il tutto verniciato con composizione di piombo.
           Ordinariamente lo scaricatoio soglion farlo col seppellire in una buca sulla terra una corda metallica, e spesso con disco metallico terminato a punte, e circondato il tutto di carbone ordinario, oppure immergere lo spandente con la corda in un pozzo circolare ristretto e peggio limitato in muratura. Può ben dirsi che un buon parafulmine dipende dalla continuità del conduttore e da un eccellente scaricatoio. Allora questo raggiunge la sua perfezione, quando presenta la massima superficie di scarico, la migliore conducibilità, e la perfetta conservazione del conduttore e dello spandente. Per ottenere tale buona qualità il P. Ferrari ha fatto porre non la corda di rame, ma la verga di rame sotto terra ripiegata in modo da uscire dal suolo per riunirsi col barilotto alla corda in ferro, affinché nel terreno umido, unito rame e ferro da formare coppia voltaica, non si fossero verificate corrosioni. Lo spanditoio in verga di rame è lungo cinque metri ed è palmato per ogni metro; è posto in mezzo ad uno spesso strato di carbon coke. Tutto ciò per moltiplicare la superficie e dare conducibilità perfetta, presentando il coke frantumato moltiplicità di punte, assortimento di umidità quasi metallica.
           E' questo il sistema adottato dal chiaro astronomo P. Ferrari, proposto e più volte attuato dal defunto e compianto P. Secchi, e non posso che a lui tributar lodi e ringraziamenti, insieme ai miei colleghi della cattedrale di Atri e de' buoni cittadini. Lode sia pure al meccanico, costruttore di parafulmini, sig. Luigi Moresi di Roma, che, sotto la scorta dell'illustre astronomo, ha tutto eseguto con avvedutezza e puntualità. Ho scritto questi pochi versi nello scopo principale di render grazie al P. Ferrari, che per somma cortesia e bontà d'animo s'incomodò di venire da Roma nel luogo per tutto determinare: secondario poi nella speranza che i solerti amministratori dell'Adriano municipio che molte belle opere han compiuto, si determinino a covrire l'intera città ne' punti più minacciati di essa. La spesa non è insopportabile, vi basterebbe volere per fare, e liberare l'abitato dai funesti effetti dei fulmini. Si rifletta a ciò che dice R.I. Munn, presidente della società metereologica di Londra: "dopo che la città di Pietromaritzburg fu coverta con parafulmini, la scarica effettiva di colpi violenti di fulmini divenne quasi sconosciuta nel raggio della città".
           Settembre 1880

           A. Mambelli



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