I teramani nella Grande Guerra.
Il conflitto raccontato nelle pagine del Corriere Abruzzese
Anno 1915


Quelli che non muoiono

           Roma, ne l'aer suo lancia l'anima altera volante.
           Accogli; o Roma, e avvolgi l'anima mia di luce.

           
           Con quali parole di angoscia e di dolore lamenteremo la morte del capitano
           Giulio d'Ortensio
           di Cepagatti, amico nostro carissimo, e parente di amici nostri?
           Con quali parole lamenteremo il fato che ha voluto spento uno dei più giovani e più colti e più promettenti ufficiali dell'esercito nostro? Giulio d'Ortensio, per la crudeltà della sorte, è morto mentre gli sorrideva il più seducente avvenire!
           Chi non ricorda in Teramo il giovane biondo, delicato e bello, che frequentò con tanto onore il nostro Liceo? Egli viene ricordato ancora nella Scuola Superiore di guerra di Torino, ove costantemente fu classificato primo.
           Due anni or sono veniva nominato capitano con le seguenti note, che vogliamo riprodurre non solo in omaggio, ma anche come attestazione del nostro incommensurabile dolore e del vivo, inestinguibile rimpianto:
           
           «Di adamantino carattere, accoppia una vasta e multiforme coltura, una intelligenza molto svegliata, un fisico resistentissimo. Si mantiene sempre calmo di fronte a qualsiasi responsabilità e, possedendo in modo superlativo il senso pratico delle cose, ha un grande ascendente sui proprii dipendenti, ispira molta fiducia, nei superiori, godendo tutta la stima, l'ammirazione e la simpatia dei colleghi. Energico ed autorevole ha l'esatto concetto dell'iniziativa.
           É a tutti, ed in qualsiasi momento o contingenza, di esempio; molto educato, è vera mano ferrea, ricoperta di un guanto di velluto; dà alla disciplina tutta la simpatia del dovere cosciente, e trasfonde nei soldati suoi la poesia del mestiere da cui è animato, giudicandoli con paterna giustizia ed ottenendo tutto con la persuasione.
           Ufficiale completo, monta molto bene e con arditezza a cavallo; cura gli esercizi ginnici, è un chiaro ed abile schizzatore a vista.
           Studioso, ha sempre anteposto allo studio il servizio e, classificato ottimo in pace, si è dimostrato ottimo in guerra (Libia).
           Egli è ufficiale di grande avvenire».
           
           Giulio d'Ortensio, dopo il terremoto di Messina, fu mandato governatore del villaggio Regina Elena e tanto si distinse che ne ebbe le più vive lodi. Nella visita che al villaggio fece S. M. il Re, egli lo ricevé con tanta dignità, e l'opera sua civile fu tanto apprezzata che S. M. il Re, per mezzo di S. E. Brusati, gli mandava le sue felicitazioni e gli regalava un preziosissimo anello con lo stemma reale.
           Fu in Libia lungo tempo. Prese parte al combattimento nell'oasi delle Due Palme e alla conquista di Bengasi.
           Da parecchi anni era fidanzato con una delle più elette signorine dell'aristocrazia siciliana: la sorella distintissima dell'on. Giacomo Mondello, il giovane e valorosissimo deputato del secondo collegio di Messina. Le nozze erano fissate a guerra finita. Povero sogno, povera promessa infranta!
           Sappiamo che l'on. Mondello è stato il primo ad accorrere al capezzale del ferito e lo ha assistito con amore fraterno, fino alla morte.
           Tra i parenti accorsi ricordiamo la dolentissima madre, e gli zii Eleonora e Silvestro Salvatore.
           Giulio d'Ortensio, ferito al Tonale il 21, alle ore 17, espletando una missione delicata e di grande responsabilità, moriva il 5 novembre, alle ore 21, nell'ospedale Iolanda di Milano.
           Il feretro fu letteralmente ricoverto, di fiorii.
           E dell ufficiale di grande avvenire non resta che il ricordo luminoso e, nel cuore della mamma, delle sorelle, dei fratelli, della fidanzata e dei parenti, non resta che lo strazio di averlo perduto!
           

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           Nell'azione del giorno 26 ottobre cadeva il capitano
           Italo Pezzi
           di Popoli, brillante ed intelligente ufficiale del nostro esercito.
           Era figlio del defunto sig. Aurelio Pezzi, egregio gentiluomo, conosciuto nella nostra provincia e amico e parente di cari amici nostri.
           Spargiamo fiori sulla fresca fossa. Condoglianze a tutti di casa Pezzi, e vada il nostro caldo conforto al cav. Arbace Chiola, di Loreto Aprutino, parente del povero capitano.
           

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           Una voce dolorosa corse nei passati giorni per Teramo, angosciando tutti:
           Biagio Dati
           maestro d'arme, è caduto eroicamente durante i recenti combattimenti!
           Povero e caro amico!
           Il Corriere nei primi di agosto pubblicava una lettera che il Biagio Dati scriveva al suo carissimo amico cav. Antonio Cerchiara, maresciallo Maggiore del Parco Genio, nel Comando trasporto e tappe in Marsa Susa. Il Cerchiara aveva mandato in dono al Dati una pistola, e il dono aveva raggiunto il Dati al fronte. Questi dunque scriveva: «Ti fa forse meraviglia di sapermi al fronte, alla mia età? Ma come scusare una mia inazione avanti ai miei figli, se domani mi domandassero le vicende della giusta e santa guerra? lo sono orgoglioso di essere quassù e mi sarei vergognato se fossi rimasto a Siena, mentre il mio reggimento lotta col nostro secolare nemico. In alto i cuori! Tu dalle balze aride della Cirenaica ed io dalle vette delle Alpi uniamoci al grido di: Savoia Italia, Viva il Re!»
           In una lettera a noi diretta, e che pubblicammo verso i primi di settembre, egli si felicitava per il giornale da noi speditogli, e ci diceva che sperava «di potere un giorno riabbracciare genitori, parenti ed amici dopo avere compiuto per intero il suo dovere per la Patria e per il Re»; e chiudeva la lettera con questa constatazione: «Un esercito, formato come quello italiano, non teme e dimostra al nemico d'oltre Alpi che l'egida d'Italia sta nel petto dei suoi figli».
           Spargiamo lagrime e fiori sulla tomba del cittadino, che fu luminoso esempio di soldato e di cittadino.
           

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           Ed è morto nei combattimenti del 24 ottobre il sottotenente
           Giorgio Paolini
           ventenne, studente di giurisprudenza presso l'università di Roma, uscito ultimamente da Modena ove s'era molto distinto nel corso accelerato di allievi ufficiali.
           La morte del bravo giovane, che ha la famiglia in Aquila, ha prodotto grave dolore e L'Aquila pubblica un bell'articolo di rimpianto.
           Condoglianze al genitore e condoglianze ai parenti dell'Estinto Francesco e Rocco Paolini.
           

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           Un amico e compagno aveva scritto che il sergente
           Emilio Ambrosi
           di Teramo, era stato visto a capo del suo plotone lanciarsi contro i nemici, conquistare una trincea e poi gettarsi in essa con un pugno dei suoi; ma successivamente, forti di numero, erano tornati gli austriaci ed avevano ripreso la trincea. Si credeva che l'Ambrosi fosse stato fatto prigioniero.
           Di questo caso noi parlammo sul giornale e mostrammo la nostra preoccupazione circa la sorte del bravo sergente. Chi poteva dirci ciò che avvenne entro la trincea tra gli austriaci e i nostri soldati? E chi poteva dirci che avvenne quando i nemici tornarono in gran numero?
           Per mesi la povera madre ha pianto lagrime amare nell'incertezza della sorte toccata al figlio.
           Ora è giunta la partecipazione ufficiale in cui è detto che le autorità militari austriache hanno comunicata la morte del sergente Emilio Ambrosi!
           La morte del bravo soldato molto addolora: egli aveva la medaglia al valore militare per atti compiuti nella campagna di Libia, ed aveva la medaglia al valore civile per l'aiuto prestato nel terremoto di Messina e Reggio.