I teramani nella Grande Guerra.
Il conflitto raccontato nelle pagine del Corriere Abruzzese
Anno 1915


La lana per i soldati

           Una pecora belava...
           Er pecoraro solo la capiva
           e me ne spiegò la lingua che parlava.
           La pecora diceva,
           «Quanno ariva,
           quanno viè er tosatore
           pe' famme la funzione
           da levamme la lana sul groppone
           da dalla ar fornitore,
           dije che, pe stavorta,
           s'ariccomanni a lui
           da nun fa sempre l'interessi sui...
           Quanno che je la porta,
           quanno jo venne sto mantello mio
           che me l'ha dato Iddio
           e che l'omaccio, sempre prepotente,
           senza un filo de core,
           mo se l'arubba e nu' j'importa gnente,
           nemmanco si me pija u' riffreddore,
           je dica ch'io lo cedo volentieri,
           ma solo a un patto umano.
           Ar fronte, a li confini
           ce so' mijara de lancieri e arpini,
           de sordati de lingua e cannonieri,
           ce sta tutto l'esercito italiano
           che adesso à callo, ma però, fra poco
           sbatterà le brocchette.
           Pe' riscallallo nu' jabbassta er foco
           ch'esce da li cannoni,
           né quello sacro che j'infiammava er core:
           no: je ce vonno puro e li maioni,
           li farsetti de lana e le corvette
           che je mànnino tanto de calore
           pe' seguitasse a sbatte',
           pe' coprisse de gloria,
           pe' portacce a l'intento: a la vittoria...
           Pè questo, li signori de palazzo
           ponno fa' a meno de coprisse loro:
           se mettino a dormì su un materazzo
           fatto d'argento e d'oro,
           trapuntato de' gemme e de brillanti,
           e tutti, tutti quanti,
           faccino dono de la lana mia
           a li sordati. Ho detto: così sia!»

           
           NINO ILARI