I teramani nella Grande Guerra.
Il conflitto raccontato dalle pagine del Corriere Abruzzese
Anno 1917


I neutralisti al fronte. Cesare De Lollis

           
           CAPITANO PER MERITO DI GUERRA
           
           La notizia che Cesare de Lollis, dell'Università di Roma, è stato nominato capitano per merito di guerra acquista carattere di rilevante importanza non solo per quelli che sono avvezzi a conoscerne la virilità dell'ingegno e la vastità della cultura, ma per quanti ricordano la parte che egli ebbe nelle ferventi discussioni che precedettero la nostra entrata in guerra.
           Ci piace oggi riassumere, ad onore di lui e di questo Abruzzo di cui egli è tra i più illustri figli, la sua attività scientifico - letteraria, non senza ricordare che Cesare de Lollis prima di assurgere tra i più insigni rappresentanti della cultura nazionale, compì gli studi classici nel Ginnasio-Liceo di Teramo, lasciando nella schiera numerosa dei suoi compagni, che oggi sono valorosi professionisti, il ricordo sempre vivo della sua luminosa intelligenza.
           La prima fase dell'attività intellettuale di Cesare De Lollis si esercitò nel campo della filologia romanza. Col ritorno allo studio delle tradizioni e delle letterature medioevali, propagatesi dalla vecchia compagine latina, la filologia romanza ebbe il suo fondatore in Federico Diez, ed in Italia ed in Francia dalla scuola del Rijna, del d'Ovidio, del Monaci, dell'Ascoli, del Gaston Paris uscivano addestrati nel metodo i primi giovani romanisti. Tra questi Cesare de Lollis. Spirito maschio e vigoroso, per lui studiare la filologia neolatina voleva dire rivivere la nuova civiltà delle nazioni romanze, riviverla non solo nelle indagini delle vecchie e gialle pergamene, ma nel turbinio della vita moderna. I suoi viaggi in Francia, ove fu discepolo caro di Gaston Paris, in Ispagna, ove ricostruì la colossale biografia di Cristoforo Colombo, furono non solo una disciplinata esplorazione nelle biblioteche e negli archivii, ma una preparazione viva e diretta alla conoscenza delle nuove civiltà rampollate dal secolare tronco romano. Infatti studiare le letterature romanze vuol dire seguire la tradizione latina continuatasi nella civiltà neolatina, indagarne le infiltrazioni straniere, le innovazioni spontanee ed originali, rendersi, insomma, conto di tutti gli elementi tradizionali romani, di tutte le insinuazioni ed innovazioni medioevali, che prepararono e formarono il nuovo indirizzo del pensiero.
           Così seriamente preparato, pubblicava nel 1896 La vita e le opere di Sordello da Gollo, lavoro poderoso, ampiamente discusso, che resta il migliore e definitivo studio dedicato al trovadore mantovano.
           Con una continuità logica, che qui non è il caso di mettere in rilievo, passò ad indagare la nuova poesia toscana, impostando, in due memorie, in modo affatto nuovo ed originale, il problema storico del dolce stil nuovo. A lui deve la poesia siciliana dense ed acute osservazioni, - cui diede occasione il libro del Cesareo - la poesia abruzzese quelle indagini che promossero e favorirono le ulteriori ricerche - la lirica spagnola un saggio, che, nella brevità di poche pagine, illustra in modo quasi definitivo la genesi e le varie questioni delle Cantigas di Alfonso el Sabio.
           Nemico di schematismo scolastico, e di rancidume accademico, egli proclamò negli studii e nelle scuola quello spirito d'ordine e quella maschilità che sono tanto necessarii alla vita. Restano perciò modello di serietà e di coraggiosa franchezza le annate della Coltura, da lui dirette!
           Una preparazione filologica così seria e disciplinata doveva necessariamente giovare al nuovo indirizzo impresso agli studii, in questi ultimi anni. Ed egli abbandonò le letterature medievali, si tuffò nelle letterature moderne e nessuno meglio di lui, che aveva seguito il processo di formazione e di origine delle nuove civiltà, nessuno meglio di lui ne poteva penetrare le finezze, scoprire le novità! Restano di ciò esempii e modelli di critica robusta, disciplinata e geniale la nuova interpretazione data alle novelle del Cervantes, nel suo Cervantes reazionario; i suoi studii sul Berchet, sul Tomasseo sullo Zanella, che resteranno fondamentali non meno di quelli del Croce; le sue lezioni, esposte con vigorosa vivacità nell'Università di Roma, alcune delle quali, quelle sul Racine, sul Lamartine, sono restate memorande!
           

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           Questa serietà di disciplina, questo maschio equilibrio spirituale, lo abituarono a riflettere, quando altri inconsultamente vociavano nel 1914 appena scoppiata la guerra eropea! Dapprima in articoli pubblicati sparsamente nel Giornale d'Italia, di poi in un giornale appositamente fondato, egli invitò gl'italiani alla riflessione, alla disciplina. E poiché si volle vedere nel suo atteggiamento qualcosa di freddo, di metodico, di compassato, gli si negò ogni entusiasmo; si disse che chi non aveva entusiasmo era un tedescofilo! Intanto, attorno al De Lollis si raccolsero altri uomini, avezzi all'abito dello studio, a più matura riflessione: Benedetto Croce, il Chiovenda, Alberico Bacciarello, Alfonso Arnone, Adriano Tilgher, Anibale Gabrielli, Goffredo Bellonci! oh! non mancava Goffredo Bellonci! ecc. ecc. i quali fondarono l'Italia nostra. Il titolo del giornale era il più sano programma di fede: guerra aspra e sarcastica ai facili entusiasmi della democrazia, alla quale si voleva sostituire una sana ed equilibrata maturità di pensiero; non tedescofilia, né francofilia, ma italianità forte, riflessiva e disciplinata, matura, insomma, a giudicare i proprii destini, ed a realizzarli, senza leggerezze sentimentali! Non facili chiassate che avessero prevenute le gravi decisioni del governo, ma attesa disciplinata, e spirito d'ordine per sostenere la guerra, se quello l'avesse dichiarata; ad accettare la neutralità, se quello l'avesse ritenuto necessaria. Questo, presso a poco, il programma del gruppo romano, esposto nel primo numero dall'Italia nostra, certo più disciplinato di quello di alcuni facili demagoghi che volevano imporre la loro volontà, con la minaccia: «o guerra o rivoluzione!»
           Ma poiché il De Lollis aveva ragionato sulla possibilità e opportuna necessità della neutralità, egli, mentre si accingeva a fare lezione nell'Università fu fatto oggetto di dimostrazioni ostili e violenti; alle quali resistette con fredda energia, continuando, fino all'ultimo minuto, la lezione, che i dimostranti volevano interrompere! Scoppiata la guerra, poiché ogni tentativo di discussione era, oramai, inopportuna, l'Italia nostra sospese le sue pubblicazioni, ed i proprii redattori raggiunsero la fronte. Arnaldo Zottoli, capitano dei Bersaglieri, Bottacchiaro, tenente d'artiglieria; Alberigo Bacciarello, una delle più forti e delle più sicure promesse dei nostri studii, cadeva eroicamente sul Carso, e Cesare de Lollis, malgrado i suoi cinquant'anni sonati, e la dignitosa comodità della cattedra universitaria, raggiungeva silenziosamente senza che nessuno lo sapesse, il fronte, ove, dopo lunghi mesi di trincea, è stato promosso capitano per merito di guerra.
           Nei giorni di così dure prove Cesare de Lollis è una delle nostre glorie più vere: è una schietta unità spirituale nella sua attività di uomo e di studioso, una fibra maschia e disciplinata,
           

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           Tale la figura di Cesare de Lollis, tale l'essenza del suo verace ed illuminato patriottismo. Mentre sul campo cruento della strage l'aureola del martirio agguaglia gli umili ai grandi, vi è gente che, tra gli agi della comoda e tranquilla esistenza, al patriottismo si aggrappa per esaltare sè stessa con la vanità ed il facile successo dell'applauso piazzaiuolo.
           Noi li conosciamo bene questi eroi del retrofronte che vanno dal losco trafficante di affari allo spacciatore di vuota e tronfia retorica patriottica, dallo scriba venduto al ricercatore vanesio di una qualsiasi notorietà.
           Noi li conosciamo questi eroi delle radiose giornate che imboccarono gli oricalchi di guerra, nella sicurezza di non esserne chiamati ai perigli, ma che si raggomitolarono entro il guscio codardo della loro paura, quando la patria li chiamò ai supremi cimenti, e costretti a vestire la divisa del soldato chiesero salvezza nell'asilo molteplice dell'imboscamento e dei pietosamente postulati esoneri.
           Noi li conosciamo questi eroi che esaltano nelle loro discorse i sacrificii silenziosi e sublimi dei nostri combattenti, ma che ben si guardano, mentre hanno ancora bastevole robustezza, di correre là dove tuona il cannone ed infuria la strage.
           Noi li conosciamo questi sbafatori di patriottismo, che su di esso speculano per sfogare rancori, per compiere vendette, per esercitare minaccie.
           Ed è contro questa ignobile turba che la figura di Cesare de Lollis, di questo grande abruzzese, rappresentante altissimo e purissimo della cultura nazionale, si erge, nel santo nome d'Italia, ad esempio e rimprovero.