Figure di eroi: Gennaro Pensieri
(19 novembre 1933)

    Due occhi dilatati ed accesi come due carboni accesi, seguivano a traverso le invetriate di un balcone, il corteo festante che attraversava la sottostante piazza «Luca da Penne» alle ore 15,30 del 4 Novembre. Poco dopo il corteo si allontanò nel tripudio della gloriosa rievocazione e scomparve.
     Ma quei due carboni ardenti che volevano ancora vedere, volevano ancora seguire si distaccarono improvvisamente dal corpo, che giacque, e volarono verso il corteo della gloria, su, in alto in alto, ove le fanfare dalle lunghe trombe d'argento, in un pulviscolo d'oro, vennero loro incontro osannando! E gli eroi delta Patria fecero corona all'illustre ospite novello e il Ten. Col. Gennaro Pensieri si assise nel trono di onore, circonfuso da una fulgida luce di gloria, rimirando, ancora il corteo dei prodi. Così si è spento l'eroe, onore e vanto deli Esercito ed orgoglio nostro, dopo tre anni di sofferenze atroci, sopportate con cristiana rassegnazione e con fermezza, caratteristiche dei forti e dei prodi.
     Il Tenente Colonnello Pensieri Cav. Uff Gennaro era nato 48 anni fa da una delle più nobili e cospique famiglie della Provincia di Teramo, in Castiglione Messer Raimondo. Egli trascorse fin da bambino i suoi anni in Montefino, ove la sua famiglia si era trasferita.
     Fin dalla sua giovinezza divenne l'idolo caro, amato e idolatrato non solamente dalla Cittadinanza, ma dai suoi compagni di studio, dai suoi superiori e da quanti ebbero il bene di conoscerlo, di ammirarlo e di apprezzarlo nelle sue impareggiabili qualità di mente e di cuore.
     Di carattere gioviale, espansivo, adamantino era buono con tutti, munifico per i bisognosi. Amò sommamente l'operaio e sopratutto il contadino, col quale s'intratteneva sovente in affabile, cordiale conversazione, sempre prodigo di savi consigli.
     Nella vita politica dimostrò sempre animo battagliero e retto, schierandosi per i partiti del'ordine.
     Dire di lui come figlio prima, come sposo e come padre poi è cosa che il linguaggio umano esprimer non sa degnamente.
     Come soldato il suo nome brilla di fulgidissima gloria nel ricordo di tutti gli Italiani.
     Richiamato alle armi nel 1915 col grado di Tenente, fu arruolato nel glorioso 18. Fanteria e partì con animo sereno e pieno di ardore e di fede per il fronte. Dopo pochissimi giorni rifiutò la proposta della prima medaglia al valore per una brillantissima operazione condotta insieme con la Medaglia d'oro, Ulderico de Caesaris, come da una lettera diretta al padre cav. uff. Saverio del giugno successivo.
     Il 18 luglio 1915, a Vermegliano, il Luogotenente Generale di Sua Maestà gli conferiva di motu proprio la prima medaglia di bronzo con la seguente motivazione:
     «Assunto durante il combattimento, il comando di compagnia, perchè caduto ferito il capitano, provvide subito con grave rischio a far mettere a riparo il suo superiore. Recatosi poi presso il plotone più esposto al fuoco nemico, vi rimase fino all'ultimo, dando bell'esempio di coraggio e di calma, e mantenendo saldi al loro posto i superstiti della compagnia, che aveva subito gravissime perdite. -Vermegliano, 19 luglio 1915».
     A Monte Catz il 20 Giugno 1916, meritò una doppia ricompensa al valore: due simultanee promozioni da Capitano di complemento a Tenente effettivo indi a Capitano effettivo e una medaglia d'argento:
     «Sotto l'imperversare di furioso temporale, avuto l'ordine di attaccare una posizione nemica con la sua compagnia, stanco da lunga ricognizione, senza attendere l'appoggio di reparti laterali, si lanciava decisamente innanzi, e non arrestato dal fuoco efficacissimo delle mitragliatrici e delle artiglierie nemiche, giungeva al grido di "Savoia" sulla posizione, conquistandola, volgendo l'avversario in disordinata fuga e resistendo ai primi contrattacchi - Monte Catz 20 giugno 1916».
     Una terza ricompensa, medaglia d'argento, che ben valeva una medaglia d'oro, fu quella che lo elevò in un'apoteosi immortale di gloria. La motivazione dice: «Sette volte arrestato da una rabbiosa difesa, con indomita fede e con tenace ostinazione, sotto l'infuriare delle artiglierie e mitragliatrici, fra dense nubi di gas, marciava superbamente in testa al suo battaglione e ritornava all'assalto, finché, raggiunte le posizioni nemiche, le conquistava, disperdendone i difensori e catturando oltre 1000 prigionieri Più tardi, stretto da ogni parte da un gruppo di nemici che tentava di farlo prigioniero, con stoico sangue freddo, in mezzo al gruppo che lo serrava, lasciava esplodere una bomba a mano, i cui effetti riuscirono a disimpegnarlo e a sbandare gli assalitori - Carso, quota 247 Quadrivio di Selo, 19 agosto 1917».
     E qui è necessario dilucidare. Riprendiamo qualche brano dal N. 253 della Tribuna 1917:
     «Alle ore 5,33 del giorno 19 agosto il primo battaglione del 235. Brigata Piceno che formava le prime ondate, già sei volte era andato all'assalto ed era fermo dinanzi a un reticolato dai varchi insufficienti. In piedi sulle trincee gli austriaci fulminavano con bombe a mano, miravano a colpo sicuro gli Ufficiali per disgregare la compagine degli assalitori. Una compagnia era affidata ad un aspirante, un'altra ad un sergente. Il Capitano Pensieri, ricevuto dal comando del Reggimento un'ondata di rincalzo, si slancia per la settima volta all'assalto. Non è un assalto: è qualche cosa che rassomiglia ad un antico arrambaggio. Mantelline, coperte, teli da tenda, tascapani, giubbe, tutto ciò che viene sottomano, è gettato sui reticolati. I fanti montano sulle trincee con le baionette fra i denti, bombe alla mano. I feroci difensori di poco prima son divenuti degli agnellini: alzano le braccia, implorano pietà, gettano le armi e corrono spaventati verso la nostra linea di partenza.
     Nella confusione della mischia mentre l'eroico comandante del battaglione Capitano Pensieri, da solo perlustrava la zona conquistata, fu accerchiato da un nucleo di austriaci, sorto improvvisamente da una dolina, che tentava di farlo prigioniero. Con sangue freddo e con audacia non comune, lanciò una bomba a mano contro gli aggressori, facendosi un varco che riuscì a liberarlo e a sbandare gli assalitori.
     Ma dalla breccia aperta dell'eroico Capitano tutto il 235. dilaga, tutta la brigata avanza e migliaia di prigionieri affluiscono nelle retrovie. Prima di sera unicamente e solamente per merito del Capitano Pensieri, Selo è conquistata e sorpassata non solo ma la linea X, la famosa linea di sbarramento, fra Castagnevizza e l'Hermada fu toccata.
     Grande fu il suo eroismo, di pari grandezza fu la sua modestia. In una lettera ebbe a scrivere alla famiglia: "Mi potrete saper morto, ma mai prigioniero". In un'altra indirizzata pure alla stessa: "Il caporal maggiore Dondero manda un soldato ad avvertirmi: "Un shrapnel è scoppiato trenta metri lontano. Dobbiamo ritirarci? — Dite a Doneero che quando il nemico ci avrà stesi cadaveri, ci sarà sempre qualcuno che penserà a portarci indietro. In un'altra lettera del 17 settembre diretta al M. Rev. Parroco Don Elvio Misantone dice: "Ieri in uno scintillio di sole mi hanno consegnato la medaglia e, se fossi un vanitoso, ti direi qui che è bella soddisfazione per un uomo quella di essere premiato per il primo in tutta una brigata. Qualsiasi altro si riterrebbe solo per questo fatto un verissimo eroe: io continuo ad avere la solita comune opinione».

     Avido sempre di nuove audaci imprese volle assumere il comando di un battaglione di assalto, dove appunto meritò a Monte Fiox, il 18 novembre 1917, la quarta ricompensa al valor — medaglia di bronzo — con la seguente motivazione:
     «Comandante di un battaglione d'assalto, guidava il proprio reparto alla conquista di una posizione nemica, e rimaneva per qualche ora sul punto piu avanzato, ad immediato contatto con l'avversario, fin quando non fu certo della salda occupazione della posizione stessa».
     Oltre alle quattro medaglie al valore sopra riportate gli furono conferite la doppia croce al merito di guerra, la croce di guerra francese con palma e la "medalla de la solidaridad de la Repubblica del Panama" conferencia de la Paz.
     Subito dopo la guerra, fu chiamato dalla fiducia di S.E. il Generale Sailer a suo Ufficiale d'ordinanza, prima nel Corpo d'Armata di Bari e quindi in quello di Trieste.
     Più tardi ricevette l'incarico d'istituire la scuola Allievi Ufficiali di Campobasso, trasferitosi poi a Salerno, ove insegnava Organica. Ma la sua fibra già minata lo constrinse a chiedere l'aspettativa, lusingato dalla speranza che un periodo di riposo avrebbe giovato a restituirgli la salute. Fu vana speranza perché le cure più affettuose non potettero strapparlo dalla morte.
     Così nel giorno sacro a tutti gl'Italiani la sua ardita anima andò a ricongiungersi a quello del fratello Ugo, altra figura chiarissima, che molto emerse nel campo delle lettere e della Filosofia, morto anch'egli a causa della guerra.
     Due fratelli, due intelligenze, due eroi.
     Poche invero sono le famiglie Italiane che possono vantare onori sì grandi. (Lino Di Giacomo)



(Ingrandimento)



[ Immagini e Notizie da Il Solco ]