La donna fascista
(15 settembre 1941)

    Il Solco del 15 settembre 1941 dedica una intera pagina alla "donna fascista". Con la guerra in corso la donna è chiamata a sostituire gli uomini sul fronte: "giovani donne, operaie improvvisate, nelle officine, nelle fabbriche, negli opifici, dove sostituiscono gli operai chiamati alle armi. ... Dovunque esse portano un vivo senso di responsabilità e quell'amore del lavoro che è proprio della donna italiana".
    Nella pagina trovano posto gli articoli "La donna fascista nel momento attuale" di Maria Cichetti e "Bianca Milizia", dove viene descritta l'attività delle infermiere volontarie che operano nella Croce Rossa Italiana.



Serenità e volti di cuori: nella certezza della Grande Vittoria, le Massaie Rurali del teramano sostituiscono i loro uomini nei campi che hanno prodotto come in tempo di pace

   
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La donna fascista nel momento attuale

    Mentre sui fronti di guerra si combatte e si muore per vincere, volgiamo il nostro sguardo anche alle donne, che servono la Patria sul fronte interno e pur dove la guerra infuria compiono, fra mille pericoli, la loro missione di samaritane...
    Guardiamole le donne italiane, ammirando l'entusiasmo che mettono in ogni opera, in ogni gesto, anche nella più semplice e comune delle opere, anche nel più uniforme dei gesti. Sono la maggior parte madri, spose, fidanzate, sorelle di soldati. Fra loro e i combattenti vi sono i vincoli sacri del sangue, dell'anima, della razza.
    Il Partito le ha chiamate ed esse sono accorse, fiere e disciplinate, a fare il lodo dovere. Come soldati.
    Vi sono giovani donne, operaie improvvisate, nelle officine, nelle fabbriche, negli opifici, dove sostituiscono gli operai chiamati alle armi. Altre donne sono negli uffici, nei pubblici servizi più delicati. Dovunque esse portano un vivo senso di responsabilità e quell'amore del lavoro che è proprio della donna italiana.
    Eroica è l'abnegazione di tutte quelle donne (gli angeli delle corsie) che assistono i soldati feriti negli ospedali. Il loro spirito di sacrificio le porta anche sulle navi ospedaliere, non risparmiate dal nemico feroce, e in altri luoghi esposti alla morte, lè dove più infuria la bufera di sangue e di fuoco...
    La donna fascista à per i soldati d'Italia un purissimo affetto, una devozione profonda. Io l'ho vista al passaggio delle tradotte, nell'offerta dì piccoli doni fatta con grande entusiasmo; l'ho vista all'arrivo dei treni della Croce Rossa, prodigandosi per i feriti, che poi va a visitare all'ospedale, recando loro, oltre il dono più gradito, il conforto di un sorriso, di una parola buona, di un cuore aperto alle confidenze fraterne.
    Conosco una donna che à il marito nell'Africa Orientale. Un valoroso ufficiale; ora si sa che è prigioniero, ma per molto tempo è stato creduto morto. Orbene, la povera signora non ha messo in mostra le sue pene, non si è chiusa nel suo dolore, ma è stata ed è sempre la prima ad accorrere fra i soldati, fra quelli malati o feriti, per rallegrarli col suo sorriso. Come sa trovare le parole più consolanti, più belle per i feriti più gravi, ella che à tanto bisogno di essere confortata! L'altro giorno un soldato meridionale, già degente all'Ospedale Militare e poi tornato a casa guarito, rifece il viaggio per portare alla buona signora un segno tangibile di riconoscenza: una pacco delle specialità della sua isola. Ma glielo fece capitare di nascosto, vergognoso di mostrare la sua identità. In quel dono dell'umile soldato, il dono di un ignoto per lei, quella donna fascista à trovato il cuore gentile del forte soldato d'Italia. So di una madre, vedova di guerra, che aveva un unico figlio, la pupilla dei suoi occhi. Lo vide partire marinaio e non pianse, non si disperò, anzi fu lieta, perché la vita militare doveva renderglielo più sano, più fermo, più uomo. Ma venne la guerra e il giovane (bruno, vigoroso, bellissimo) ebbe presto il battesimo del fuoco in una battaglia navale. Partecipò in seguito a varie operazioni di guerra, finché un giorno la sua nave, dopo aver affondato altre unità nemiche, venne colpita e a sua volta s'inabissò.... Non si seppe più nulla del giovane marinano, lo si credette disperso, raccolto dal nemico, e per lungo tempo la madre andò informandosi qua e là, presso altre madri, sul trattamento che viene fatto ai prigionieri... Quando le fu infine comunicato la morte del suo figliolo, ella non pianse, non si disperò, ma riversò il suo amore sugli altri soldati d'Italia, per i quali la donna fascista à un cuore di madre.

* * *

    Donne d'Italia, aleggia sulla terra, oggi, l'angelo del dolore. Moltissime sono le creature che soffrono, che si disperano, che affondano in un immenso bisogno di sostegno mai avvertito prima d'oggi. Ma è pure il momento più propizio per risollevarsi, per riattivare le fiamme che minacciavano di estinguersi, per ritrovare la luce della propria fede, lo slancio delle proprie forze. E il momento in cui tutti dobbiamo veramente vivere, orgoglioso il cuore per la meravigliosa epopea a cui il destino ci à permesso di assistere, tesa 'anima a sempre più alti ideali, a una più ardente fede, pronte, salde, fedeli in ogni evento a cui fossimo ancora chiamate a partecipare.
    Noi teniamo nelle nostre mani, piccole donne, la fiaccola dell'amore e della vita; agitiamola in alto, per illuminare tutti i cuori, per avvolgere in una carezza di luce i nostri soldati che cadono nel combattimento. Per essi la morte non esiste; non è tramonto, ma aurora, e la terra conquistata e ridente li accoglie come una culla ..
    Non muore chi cade per l'Italia, ma assurge, oltre le stelle, al Paradiso degli Eroi, verso il quale si tendono le nostre mani amorose, sorelle.
    (Maria Cichetti)
    

Bianca Milizia

    «Andare verso il popolo» è il comandamento del Duce: verso l'autentico popolo che serve in silenzio e in disciplina la causa della Patria Fascista, l'autentico popolo che offre e soffre, in umiltà e in semplicità di cuore.
    Al comandamento del Duce risponde in pieno l'attività svolta, nell'ora attuale, dalla bianca milizia delle Infermiere Volontarie di Croce Rossa Italiana, le quali recano accanto alla Croce vermiglia, simbolo di sacrificio e di carità, il distintivo del Partito, esprimendo in quel simbolo ed in quel distintivo il programma di prestare la propria opera di solidarietà umana e cristiana nel nome del Duce.
    Nel nome del Duce vanno le bianche Sorelle e per loro mezzo il Duce è presente e si accosta a ciascuno di quei figli del popolo che per la patria fascista tutto hanno donato e tutto sono pronti a donare ancora.
    Lievi, rapide, serene, instancabili, le Volontarie si aggirano per le corsie, si assicurano che tutto sia a posto, che a nessuno manchi niente.
    C'è chi chiama, da vicino o da lontano — Sorella! — e la Sorella accorre premurosa. Ci sono quelli che non si lamentano mai, non chiedono mai nulla, non chiamano, e la sorella deve indovinare quel che occorre, come si fa con i bambini: porge da bere ad un febbricitante, rincalza il letto, aggiusta la piega del lenzuolo, riordina il comodino, piega l'asciugamano, raccoglie il fazzoletto.
    E, quando tutte le prescrizioni sono state eseguite esattamente, quando sembra che pel momento non ci sia più nulla da fare, la Sorella fa il giro delle corsie e domanda se c'è bisogno di nulla.
    — No, grazie, Sorella, abbiamo tutto — c'è chi risponde.
    C'è chi esprime qualche desiderio. Qualcuno affida alla Sorella la propria corrispondenza da spedire. Uno ha bisogno di una puntina per fissare una immagine sacra alla cornice della lavagnetta; un altro, affaccendato a riordinare un mucchio di lettere, cartoline e fotografie, chiede se è possibile avere una scatola per riporvele; un terzo, alzando il capo dalla lettera che sta scrivendo, chiede con garbo qual'è l'altitudine di Teramo. E c'è chi è assorto nella soluzione di un cruciverba:
    — Per favore, Sorella, mi sapreste dire qual'è la parola per indicare chi nella Milizia ha il grado di maggiore?
    Un ferito si sporge, al passaggio della Sorella e chiede sottovoce, con timidezza:
    — Potrei avere una «Divina Commedia?».
    A tutti la Sorella risponde, tutti cerca di contentare. Quando non è possibile provvedere personalmente, si rivolge all'Ispettrice per consiglio e per aiuto.
    Eccola, l'Ispettrice, che passa per il reparto. S'interessa dei singoli degenti, soffermandosi più a lungo al capezzale dei bisognosi di cure, ed ha un sorriso di approvazione e d'incoraggiamento per la Sorella. Questa espone il caso: c'è un pleuritico che chiede un supplemento di frutta. Un mutilato che sta per tornare a casa chiede un paio di guanti per coprire le cicatrici ancor fresche. L'Ispettrice consiglia di far scrivere o scrivere noi stesse un biglietto alla Fiduciaria dei Fasci femminili, la quale dispone immediatamente: così, volta a volta, vengono soddisfatti i desideri più disparati, e frutta, guanti, maglie, vasetti di marmellata, bustine di talco, fazzoletti, saponi, carta da lettere, fiori, libri, giornali, cartoline, vengono distribuite in nome del Duce, pel tramite delle Infermiere volontarie o delle Visitatici Fasciste Ospedaliere.
    Anche doni di maggiore entità sono stati richiesti, ed il Federale e la Fiduciaria dei Fasci Femminili, con una prontezza tutta fascista, hanno inviato una radio, delle sedie a sdraio per l'elioterapia, delle seggiole per la Cappella, delle tende ed altro. La richiesta di libri è frequentissima; l'Ispettrice di C.R.I., a cui è stata affidata la ricca biblioteca donata dal Fascio Femminile, e dalla GIL., cura personalmente la scelta, la distribuzione e il cambio dei libri. Non tutti chiedono libri di amena lettura. C'è chi si procura libri di studio e si applica diligentemente.
    Una infermiera di Croce Rossa fascista universitaria prepara agli esami di una Scuola di Avviamento un giovane costretto per lunghi mesi all'immobilità assoluta.
    In piedi accanto al letto, l'universitaria tra una medicatura e l'altra, ha il tempo di correggere un esercizio di grammatica, di ascoltare una relazione sulle guerre puniche, di spiegare le organizzazioni del Regime e l'orografia dell'Italia.
    Quasi tutte le sorelle sono insegnanti o per lo meno posseggono il titolo di abilitazione all'insegnamento.
    Capita spesso di dover tornare insegnanti nelle corsie dell'Ospedale. Sono lezioni occasionali delle più svariate materie: Italiano, storia, geografia, scienze, igiene.
    Sovente la lezione è di cultura fascista e sono lezioni individuali e collettive.
    Un messinese, sfogliando una rivista illustrata, si ferma a considerare una cartina d'Europa.
    — Sorella, guardate, come è piccola l'Italia nostra, in mezzo al Mediterraneo — ; a paragone di altre terre è come «un filo di capello». Il paragone non mi sembra appropriato; direi piuttosto che l'Italia può sembrare un indice. Si, l'Italia indica la via, la verità, la vita. L' Italia da Roma, indica la via, dice la parola di salute ai popoli che non vogliono perire.
    Da Roma partono le supreme direttive della vita civile e religiosa dell'Italia, dell'Europa, del mondo.
    Così presso a poco dice la sorella.
    Tutti ascoltano con interesse, intorno.
    Come un giorno, adunati nel cortile, ascoltavano la conversazione di uno squadrista il quale spiegava le cause prossime e remote della guerra attuale.
    La parola chiara e viva dello squadrista era ascoltata cono attenzione vivissima e sottolineata da applausi e consensi cordiali. I motivi ideali che ci hanno fatto scendere in campo contro la Russia, a fianco dell'alleata Germania, sono perfettamente noti e profondamente sentiti dal popolo italiano, che è geloso custode del proprio patrimonio morale e religioso e nei rossi di Lenin e di Stalin vede i nemici naturali del Fascismo redentore e restauratore, i nemici della religione, della patria, della famiglia.
    — Sorella, abbiamo fatti tanti prigionieri, preso tanti cannoni, abbattuti tanti aeroplani russi.
    Questo è il saluto che accoglie spesso la mattina, l'Infermiera di Croce Rossa, al suo apparire in corsia.
    I quotidiani sono attesi e letti avidamente, ogni mattina, e settimanalmente, per le mani di tutti i ricoverati in Ospedale vanno le copie del «Solco» offerte dalla Federazione.
    Le notizie dei successi sul fronte russo vengono accolte con gioia, ma direi senza meraviglia. I russi vengono considerati come una razza inferiore, una massa amorfa, bruta, pervertita. Si trova logico, naturale il trionfo dello spirito sulla materia, della civiltà sulla barbaria.
    Si osservano le fotografie pubblicate dai giornali; si nota la fisonomia dei prigionieri sovietici, senz'anima, senza Dio, abbrutiti dalla propaganda comunista.
    La guerra che si combatte è veramente la guerra santa; tutti si sentono pronti e sono impazienti di accorrere sul fronte russo.
    Questi sono i veraci sentimenti del popolo, che chiede soltanto di poter lavorare, e non chiede proprio altro.
    Un posto al sole, per il nido, che sia ben saldo e non tema il vento e la procella.
    Un nido tepido, rallegrato dal cinguettio dei piccoli. Un pane, un sorriso, un fiore.

* * *

    Un malarico di Benevento guarda estatico due fiori meravigliosi: glieli ha gettati un fanciullo dalla strada.
    — Come son belli! Non li avevo mai visti. Come si chiama questo fiore, Sorella?
    — Passiflora.
    — Il ragazzino mi ha detto che sono i fiori della Passione di Cristo.
    Tutti intorno s'interessano. Si ammira il fiore misterioso nel quale il popolo vede gli strumenti della Passione di Nostro Signore.
    — Oh, se potessi avere una di queste piante! portarla al mio paese!
    Si potrà avere la pianta di questo fiore?

* * *

    Quasi tutti, sul comodino, tengono qualche sacra immagine. C'è chi vi tiene dei fiori, e qualcuno anche un lumino.
    Ho presente l'altarino di un milanese: la Madonna, il S. Cuore, e il Duce.

* * *

    Poesia dell'amor paterno.
    Con che tenerezza mostrano le fotografie dei loro bimbi! Qualche Balilla, qualche Piccola Italiana: Figli della Lupa, i più.
    Tutti belli.
    Un siciliano e un abruzzese, un giorno parlavano delle bambole che avrebbero portato in dono alle loro bambine.
    — Una bambola grande così, una bambola che chiude gli occhi e che dice «mamma».
    A qualche malato infettivo si accostano soltanto le Sorelle più anziane, che si prodigano con instancabile abnegazione.
    Esse curano il figlio e insieme confortano e assistono anche la vecchia mamma venuta dall'Italia meridionale, affrontando gli strapazzi di un viaggio lungo e penoso per rivedere la propria creatura.
    Le visite dei famigliari danno luogo ad episodi sempre commoventi.
    Ora è il vecchio padre accompagnato da un altro figliolo, ora è un fratello, ora la sposa con un fanciullino, che varcano trepidanti la soglia dell'Ospedale e sono accolti come una benedizione.
    Ma le mamme! Che gaudio, che festa per tutti, la visita di una mamma! Essa è venuta per il suo bambino, ma tutti gli altri compagni, nella corsia, sentono la presenza della loro mamma e implorano con gli occhi lucenti di lagrime uno sguardo di quella mamma che somiglia tanto alla loro; ascoltano rapiti il suono di quella voce, che sembra l'eco di una voce inobliabile.
    — Mi pare di vedere la mia mamma —mormora, mormora con un nodo alla gola, un alpino.
    La madre e il figlio si guardano e si parlano piano, con pause di silenzio e di sorrisi.

* * *

    Le sapienti cure fraterne dei medici talora sono vane.
    Un malato si aggrava.
    L'assistenza si fa più vigile, più assidua. Insieme alle Suore della Carità e alla loro Superiora, qualche Sorella delle più anziane veglia il moribondo, che nel crepuscolo dei sensi forse riconoscerà la mamma lontana nella bianca figura che lo sorregge nel passo estremo.
    La Sorella piamente chiude gli occhi spenti.
    Il viso pur dianzi contraffatto dalla sofferenza si compone in pace, è calmo, sereno, come di chi è pago a più non chiede.
    «Questa è la Verità», mormora, giungendo le mani, con gli occhi fissi verso misteriose lontananze ormai prossimo alla fine, un fante.
    Così muoiono: come i santi, come gli eroi.
    In pace.
    E poi, tutti i compagni che possono lasciare il letto, si affollano taciti intorno alla salma, fraternamente: pregano per l'eterno riposo del compagno e certo pregano anche per la propria famiglia, per i genitori, per la sposa, per i figli.
    Pregano di cuore, questi soldati d'Italia.
    Con profondo raccoglimento assistono alla Messa celebrata dal Cappellano, alle sacre funzioni della sera. Alcuni, istruiti da una Suora, cantano inni religiosi e patriottici.
    Tra i più devoti, assiduo alla recita quotidiana del Rosario, c'è un alpino, reduce dal fronte greco-albanese.
    — Noi eravamo quattro compagni, sotto la tenda, che recitavamo il S. Rosario e pregavamo la Madonna di aiutarci a fare il nostro dovere e di salvarci, per poter rivedere le nostre famiglie, se questa era la volontà di Dio. Abbiamo fatto il nostro dovere e la Madonna ci ha salvati.
    — Si, ho fatto il mio dovere e ora voglio curarmi bene, come vuole il Duce, per tornare a fare il mio dovere di soldato dove vorrà il Duce.

* * *

    Così, pur tra sofferenze e dolori, la vita dei degenti scorre serena nell'Ospedale Militare di Teramo.
    Parentesi sempre molto attesa è la desideratissima visita che periodicamente fanno, a turno, i Fasci Femminili e i Gruppi di Massaie Rurali della provincia.
    Le Donne Fasciste nella loro austera uniforme, le Massaie rurali nei loro pittoreschi costumi recano doni e parole di conforto e di augurio a ciascuno dei feriti e dei malati. Ve ne sono di tutte le regioni d'Italia: e tutti rivedono, nelle uniformi delle Donne Fasciste, che vengono in nome del Duce, le proprie donne.
    Non vi sono più regioni e provincie: una è la Patria Fascista.
    In fraternità d'intenti e di speranze, nel nome del Duce, risuona sulla labbra ed echeggia nei cuori una parola: VINCERE!


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