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      Meglio il tale, meglio voi, meglio io; insomma andiamo tutti noi, disse alla fine il parroco, ma il popolo stia in chiesa a pregare. Quando saremo davanti al comandante alemanno, parlerò io; il sindaco promette di star zitto. Vedremo, mormorò il sindaco.
      E andarono tutti, disputando, gesticolando, fin litigando; ma come furono a uno svolto della via e videro i soldati, si raggrupparono e andarono oltre in silenzio. Solo il sindaco era un po' baldanzoso.
      Vicino al borgo un mezzo miglio, in un gran prato che verzicando già rallegrava l'occhio ai cavalli più ancora che lo spirito agli uomini, stava uno squadrone d'usseri ungheresi appiedati. Gli ufficiali raccolti intorno a un maggiore, guardavano dove egli additava su certi monti che chiudevano una convalle certo ciuffo di case e una gran torre quadrata, alta, come se fosse stata fabbricata per un gran dominio. Quando il parroco e i quindici o venti che erano con lui, furono condotti da un sergente a quel comandante, il sindaco fece atto di volersi lanciare a parlar il primo. Ma il parroco, a capo scoperto, coprendosi quasi la faccia e il petto col gran cappello, cominciò a dir in latino parole d'ossequio al maggiore e a' suoi ufficiali, dando loro di benvenuti a nome dei suoi parrocchiani. Il discorso s'avviava bene, il comandante faceva buon viso; non pareva nemico; ma il sindaco bolliva, voleva dire, scoppiò: e invece di chi sa che cos'altro ruminato per via gli uscì gridato: Nos non timemus vos! Tutti tremarono, il parroco sospirò, ma niun male.


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Cronache a memoria
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 64

   





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