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      Invitato a servir loro di guida, non s'era fatto pregare. Diceva che erano stracciati e magri da far pietà, ma non feroci come li gridava la gente. Egli aveva parlato con Buonaparte e lo menzionava toccandosi il berretto; ma, ricordo vivissimo in cui si compiaceva, gli era rimasto il cavallino bianco montato da quel giovane magro, pallido, di capelli lunghi, i cui occhi tiravano come due pistole. "Pareva che quel cavallino avesse le ali, tanto correva veloce, qua, là, in cento punti: e lo seguiva un nugolo di cavalieri tutto oro e pennacchi, i diavoli e il vento". Così diceva quel vecchio tenendo gli occhi fissi come in una lontananza ideale. Forse si moveva laggiù la sua cara antica visione.
      Buonaparte aveva bisogno che la linea occupata dagli alleati rimanesse lunga qual era, per trovarla sottile nel punto da lui scelto a sfondarla; quel punto che egli aveva scelto attentamente due anni prima, nei due giorni che il corpo di Dumerbion, con lui per colonnello d'artiglieria, era stato in Dego, a riposare dal combattimento del Colletto, a far bottino della roba lasciata ivi dagli Austriaci di Wallis, fuggiti senza sconfitta. Curioso luogo di storia militare che meriterebbe d'essere spiegato.
      Che manata deve essere stata quella che si diede in fronte Beaulieu, all'alba dell'undici aprile 1796, quando, per le gole dell'Appennino gli giunse verso Genova il rombo delle cannonate da questi monti! Ed egli, rinforzata la Bocchetta e rimontata la Valle dell'Olba con undici battaglioni, aveva creduto di poter precipitare addosso ai Francesi, sorprendendoli in marcia lungo il mare, giù in quel di Voltri!


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Cronache a memoria
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 64

   





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