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      Ma dunque Cervoni, quel maledetto generale còrso che si era avanzato sin lì, appunto il giorno avanti con tremila uomini, non era che uno scorridore? Dunque i Genovesi mandandogli a dire che i Francesi miravano a girar la sua sinistra, per guadagnar la Bocchetta, lo avevano ingannato? Certo il nemico gli si appuntava contro l'ala destra, là dove questa si annodava con la sinistra dei Piemontesi! Piantò Nelson, col quale era disceso in Voltri a concertare chi sa che operazioni; mandò gente verso questi monti, lungo e disperato cammino; egli stesso si mise in marcia per venire quassù. Povero Argentau, povero Roccavina, messi qui con poca gente, che sarebbe avvenuto di loro? E lui, addio la sua fama guadagnata nella guerra dei sette anni!
      Quel giorno che fu l'undecimo di aprile del 1796 Argentau, con dodicimila uomini, era venuto incontro ai Francesi, già stabiliti sulla piccola catena d'alture che sorgono, come gobbe, su questo dosso dell'Appennino. E aveva trovato che Roccavina (quello forse che lasciò il suo nome a un reggimento Croato, sciabolato da Genova Cavalleria, a Governolo, nel quarantotto), arrivato all'alba da Dego con duemila e cinquecento soldati, si era impadronito del colle delle Traversine. Allora egli diè dentro assalendo quello di Castellazzo, e quasi senza contrasto lo prese. I Francesi parevano agevoli quel giorno; due dei loro ridotti erano superati; rimaneva il terzo; questo di Monte Legino, a sbarrare il passo che giù per i fianchi rotti della montagna mette a Savona.


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Cronache a memoria
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 64

   





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