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      Quelli i gloriosi. Ma le migliaia di gregari, i morti compendiati in una cifra, tutto quello strazio di carne innominata per i cinque o sei nomi che la storia tramandò? Pensiero cupo dei soldati che camminano, collo zaino sul dorso, per le strade polverose, taciturni, lontani dalle case ove nacquero. Ma gli Alpini che passarono nella mia vallata, forse non tutti avevano il capo alle cose lugubri, né alle glorie dei guerrieri illustri rammentati ancora dai valligiani. Erano pieni d'altri affetti vivi e presenti. A ogni passo madri, sorelle e persone di più tenero desiderio, si facevano incontro alla Compagnia, cercando sotto quei cappelli delle faccie care. La gran patria è augusta e dolce al pensiero; ma il cantuccio di essa dove si nacque, il nostro cuore è tutto per esso. E più qua, più là, quei soldati erano tutti nativi di questi monti. Oh! dove ad ogni occhiata si scopre un punto conosciuto nei boschi, nei campi, nei sentieri biancheggianti traverso i fianchi d'un monte lontano; un punto da cui si rifà qualche memoria nostra, qualche nostra passione; ivi sì che da soldati si combatterebbe con animo grande, saputi vicini da chi conosce tutta la nostra vita, forse sotto gli occhi della donna amata!
      Di quest'animo dovè essere il cavalier Del Carretto, quando circondato da soldati suoi paesani, quasi nel bel mezzo delle Langhe, veduto, sto per dire, da tutte le torri feudali piantate su per quelle vette lontane e vicine, possessioni antiche dalla sua gente, nel castello rovinato di Cosseria, aspettò l'assalto dei Francesi e la morte.


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Cronache a memoria
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 64

   





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