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      Ne verranno da tutte le parti.
      Si fanno grandi misteri su questa partenza. A sentire qualcuno, neanco l'aria deve saperla. Ci hanno fatto delle serie raccomandazioni; ma intanto tutti sanno che Garibaldi è a Genova, e che andrà in Sicilia. Attraversando la città, abbiamo dato e pigliato delle grandi strette di mano, e avuto dei caldi auguri.
      4 maggio. In viaggio.
      Non so per che guasti, il treno s'è fermato. Siamo vicini a Montebello. Che gaie colline, e che esultanza di ville sui dossi verdi! Ho cercato coll'occhio per tutta la campagna. È appena passato un anno, e non un segno di quel che avvenne qui. Il sole tramonta laggiù. In fondo ai solchi lunghi, un contadino parla ai suoi bovi. Essi aggiogati all'aratro tirano avanti con lui. Forse egli vide e sa dove fu il forte della battaglia? Ho negli occhi la visione di cavalli, di cavalieri, di lance, di sciabole cavate fuori da trecento guaine, a uno squillo di tromba; tutto come narrava quel povero caporale dei cavalleggieri di Novara tornato dal campo due giorni dopo il fatto. Affollato da tutta la caserma, colla sciabola sul braccio, col mantello arrotolato a tracolla, coi panni che gli erano sciupati addosso, lo veggo ancora piantato là in mezzo a noi, fiero, ma niente spavaldo.
      — Dunque, e Novara?
      — Novara la bella non c'è più! Siamo rimasti mezzi per quei campi...
      E narrò di Morelli di Popolo, colonnello dei cavalleggieri di Monferrato morto, di Scassi morto, di Govone morto, e di tanti altri, lungo e mesto racconto.
      — E i francesi?


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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