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      Gli altri mi parvero, la maggior parte, gente provata.
      Più sul tardi.
      Stamane il primo passo lo feci da C... al quale farò conoscere i dottori di Parma, che a lui, studente di medicina, sarebbero cari, se potesse venire con noi.
      — Tu vai in Sicilia! esclamò appena mi vide.
      — Grazie! Tu non mi hai detto mai parole più degne.
      — È una grande fortuna! — soggiunse pensoso: e dopo lunghi discorsi prese la lettera che gli diedi per casa mia. Egli la porterà soltanto quando si sappia che noi saremo sbarcati in Sicilia. Se si dovesse fallire, voglio che la mia famiglia ignori la mia fine. Mi aspetteranno ogni giorno, invecchiando colla speranza di rivedermi.
      Mi abbattei nel signor Senatore, che mi conobbe giovinetto.
      Egli mi ha detto che in Genova si è radunata una mano di faziosi, i quali oggi o domani vogliono partire, per andare a far guerra contro Sua Maestà il Re di Napoli. Non sa più in che mondo viva: e se il governo di qui non mette la mano sopra quegli sfaccendati perturbatori... Basta, spera ancora! Scaricava cosi la collera che gli bolliva; ma a un tratto si piantò, domandandomi se per avventura fossi anch'io della partita. Io non risposi. Allora certo d'aver colto nel segno, cominciò colle meraviglie, poi colle esortazioni. Come? Poteva essere che il mondo si fosse girato tanto, da trovarsi a simili fatti un giovane, uscito dal fondo d'una valle ignota, allevato da buoni frati, figlio di gente quieta, adorato dalla madre...? Poi passò alle minaccie. Avrebbe scritto, si sarebbe fatto aiutare da quanti del mio paese sono qui; mi avrebbe affrontato all'imbarco, per trattenermi.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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