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      E lui: — Una terra che brucia in mezzo al mare.
      Nell'anno 1857, l'anno d'Orsini, d'Agesilao, di Pisacane, su per le colonne di via Po in Torino, lessi scritto col carbone: «Sicilia è insorta, all'armi, fratelli». Chi sa da qual mano furono scritte quelle parole? E se le scrisse un esule come sarà felice se per avventura è con noi.
     
     * * *

      Genova nelle ore supreme fu ammirabile. Nessun chiasso: silenzio, raccoglimento e consenso. Alla Porta Pila, v'erano delle donne del popolo che, a vederci passare, piangevano. Di là a Quarto, di tanto in tanto, un po' di folla muta. A pie della collina d'Albaro alzai gli occhi, per vedere ancora una volta la Villa, dove Byron stette gli ultimi giorni, prima di partire per la Grecia: e il grido di Aroldo a Roma mi risonò nelle viscere. Se vivesse, sarebbe là sul Piemonte, a fianco di Garibaldi inspiratore.
      — Questo villaggio è Quarto? — Sì. — Dov'è la villa Spinola? — Più avanti.
      Tirai avanti. Ecco la villa.
      Biancheggiava una casina di là da un gran cancello, in un bosco oscuro, nella cui profondità, pei viali, si movevano uomini affaccendati. Dinanzi, sullo stradale che ha il mare lì sotto, v'era gran gente e un bisbiglio e un caldo che infocava il sangue. La folla oscillava: Eccolo! No, non ancora! Invece di Garibaldi usciva dal cancello qualcuno che scendeva al mare, o spariva per la via che mena a Genova. Verso le dieci la folla fece largo più agitata, tacquero tutti; era Lui!
      Attraversò la strada e per un vano del muricciolo rimpetto al cancello della villa, seguito da pochi, discese franco giù per gli scogli.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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