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      — Arrivai ieri sera.
      — A tempo per venir con noi?
      — E avreste voluto fare senza di me?
      Mi parve una vantazione che stesse male: ma l'aria del giovanotto elegante era tanto semplice e sicura! Non domando mai d'uno chi sia, poi me ne pento. Fino ad ora non conosco che Airenta, dei nuovi. Egli, mentre scrivo, dorme lungo disteso, colla testa appoggiata alla sua sacca, vicino ai miei piedi. È un giovane d'oro. Ci conoscemmo ieri, ci trovammo qui, ci siamo promessi di star sempre insieme. I suoi maestri del seminario arcivescovile di Genova, quando sapranno il passo che ha fatto!
      Che? Un uomo in mare?
     
     * * *

      Fu un quarto d'ora d'angoscia. Indietro alla macchina! urlava il capitano, e il legno si fermò sbuffando. Ma l'uomo caduto in mare era già lontano; appariva, spariva e lottava. Fu presto calata una lancia: la spingemmo cogli occhi, coi gesti, coll'anima, tutti. Il caduto fu raggiunto, agguantato, salvato. Dicono che sia un genovese.
     
     * * *

      Mi si era fitto in mente che questo capitano del Lombardo fosse un Francese. L'aria, gli atti, il tono suo di comandare, lo mostrano uomo che in sè ne ha per dieci. A capo scoperto, scamiciato, iracondo, sta sul castello come schiacciasse un nemico. L'occhio fulmina per tutto. Si vede che sa far di tutto da sè. Forse in mezzo all'oceano, abbandonato su questa nave, lui solo, basterebbe a cavarsela. Il suo profilo taglia come una sciabolata; se aggrotta le ciglia, ognuno cerca di farsi piccino; visto di fronte non si regge al suo sguardo.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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