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      Che paese di povera gente! Carbonai e pescatori. La nostra discesa gli ha rallegrati.
      — Come si chiama quel monte là in faccia?
      — Monte Argentaro.
      — E quelle case bianche, mezzo tuffate in mare?
      — Porto San Stefano.
      — Con una veduta come questa sempre dinanzi agli ocche, dovete fare una bella vita!
      — Sì se si mangiasse cogli occhi. Ma... Basta... finché si campa!
      Cosi mi diceva un giovane carbonaio, mentre seguitava a discorrere, per farmi dire a sua volta chi siamo, e dove andiamo; io pendeva, proprio pendeva, dalle sue labbra, bevendo il dolce della sua lingua e pensando al mio dialetto aspro.
     
     * * *

      Lo rividi disceso a terra. Lento e sorridente se ne veniva su per la salita, vestito da generale dell'esercito piemontese. I lunghi capelli e la barba intera combinavano male con quei panni. Il capitano Montanari, che pare suo grande amico, gli veniva a fianco celiando, e gli diceva: «Così vestito mi sembrate un leone in gabbia». Il Generale sorrideva.
     
     * * *

      Son voluto entrare in chiesa. Una piccola chiesa disadorna e tranquilla, fatta proprio per pregarvi e null'altro. Mi sono seduto tra le panche, per respirare un po' di quell'aria fresca che era là dentro, e invece mi si riempì l'animo di malinconia. Uscito, ho subito scritto a casa mia, confessando d'esser qui, e dicendo con chi e dove vado.
     
     * * *

      Mi sono tuffato in mare con una voluttà indicibile. Le acque erano tiepide, per tutta la riva una festa di nuotatori, sui poggi, a brigate, si vedevano i nostri godere il fresco dell'erba.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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