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      Se al Lamarmora, che creò questa sorte di soldati, e li condusse da Goito in Crimea, invincibili sempre, avessero predetto che un giorno quattro giovani vestiti de' suoi panni, guarderebbero dalla tolda di un bastimento alla Sicilia in rivolta, chi sa che rigonfiamento di cuore n'avrebbe avuto, e che sorta di esclamazioni avrebbe tartagliato. Oh la vecchia Sicilia di Vittorio Amedeo!
      Ci deve essere gran fretta di partire, perché Bixio grida ai barcaiuoli che vanno e vengono portando acqua: «Venti franchi ogni barile, se me li portate prima delle undici!». I barcaiuoli fanno forza di braccia e le barche volano.
      Intanto che si aspetta l'acqua, fanno la distribuzione delle armi. Ne ho avuta una anch'io, uno schioppo rugginoso che, Dio mio! E m'hanno dato un cinturino che pare d'un birro, una giberna, una baionetta e venti cartucce. Ma non si diceva a Genova che avremmo avuto delle carabine nuovissime? C'è di peggio. Il colonnello Türr fu ieri ad Orbetello, e tornò con tre cannoni e una colubrina lunga come la fame; roba che deve essere dei tempi quando quel lembo di terra là si chiamava lo Stato dei Presidii. Come faremo, tanto male armati laggiù?
      L'acqua è arrivata, si salpa l'àncora. Santo Stefano, addio. Girato quel promontorio, saremo di nuovo nel grande mare, e che Dio ci aiuti.
      9 maggio. Sera.
      Non una vela sull'orizzonte. Oltrepassata l'isoletta del Giglio, cominciò una delizia di venticello che ristorava le vene. Il cielo è purissimo. Neppur più uno di quei tanti smerghi che ci seguivano, librandosi alti, precipitando fulminei a tuffarsi, quasi per farci festa.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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