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      Dopo mezzodì, sul margine del nostro sentiero, trovammo un vecchio pastore. Vestiva pelli di capra, e la sua testa, fiera e quasi da selvaggio, era coperta da un enorme berretto di lana. Teneva le mani appoggiate sulle spalle di un giovinetto, che poteva avere quindici anni, ed osservava muto il nostro passaggio. Quando arrivò a lui la mia compagnia, egli si rivolse al capitano gridando con voce sicura: «Principe Carini, reboldate la cabedale!» E spinse il giovinetto in mezzo a noi. Poi si asciugò gli occhi, e volte le spalle, si allontanò per quel deserto. Lontano, lontano all'orizzonte, vedevamo una capanna, forse la sua.
      — Che è principe il nostro capitano? chiesi al tenente palermitano anche lui.
      — No... Un principe Carini esiste, ma borbonico che ci avvelenerebbe l'aria.
      Questo gran casone bieco e un antico feudo. Arrivammo che il sole andava sotto, e ci ponemmo qui sul pendio, sdraioni sull'erba soffice e lussureggiante. Fui mandato ad attinger acqua. Su d'un rialzo vicino al casone, stavano in crocchio alcuni dei nostri capi. Mentre passavamo uno di essi diceva: — Avete badato a quel deserto, tutt'oggi? Si direbbe che siamo venuti per aiutare i Siciliani a liberare la loro terra dall'ozio!
      Del nemico non si sente dir nulla.
      13 maggio. Salemi.
      Da un balcone di convento, in faccia alla gloria del sole.
      Stamane suonava la diana, e Bixio già in sella veniva da chi sa dove. Se invece di quella uniforme di fanteria, vestisse un costume del cinquecento, ecco Giovanni dalle Bande Nere.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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