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      ». Dio, con qual voce me lo disse!
      Al colonnello Carini si è impennato il cavallo. Egli è caduto. Non fa nulla. Rieccolo in sella. Dianzi vidi cadere anche il La Masa, che si deve essere fatto male. Mi sentii, come se avessi battuto del capo io stesso, contro quelle pietre.
      I cacciatori napoletani discendono dalle alture. Che calma!... Che sicurezza nel loro movimenti! Fra poco... Ma le loro trombe, che suoni lugubri!
      16 maggio. Dal convento di San Vito sopra Calatafimi.
      Sarà bello, se camperò, rileggere fra molti anni questi sgorbi. Avessi avuto tempo, da ieri mattina ne avrei fatto cento pagine!
      Tutta Salemi era fuori a salutarci. «Benedetti! Benedetti!»: E quando da piè della discesa mi volsi a guardare in su, tesi le braccia alla città e a quella gente, che avrei voluto stringere al petto tutta. Venivano giù le nostre compagnie di passo allegro e cantando. Garibaldi ad una svolta della via, veduto dal basso, grandeggiava sul suo cavallo nel cielo; in un cielo di gloria, da cui pioveva una luce calda, che insieme al profumo della vallata ci inebriava. E con noi, giù dal monte venivano le squadre dei siciliani; una processione che non vidi finire, perché la mia compagnia si inoltrò per la campagna, bella, sempre più bella, sino al villaggio di Vita, dove c'incontrammo colle nostre Guide che venivano indietro di mezzo trotto. Avevano scoperto il nemico. Non v'era che da salire il colle là presso, e l'avremmo avuto in faccia.
      Intanto la gente di Vita fuggiva. Fuggivano portando le masserizie, trascinando i vecchi e i fanciulli, un pianto.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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