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      Mi narrano che vi fu cerimonia per la benedizione del Dittatore, fatta da un frate che ci segue fin da Salemi. Io non discenderò più di qui: non mi staccherò da questa bella veduta, finché non sia notte. In quel fitto di boschetti laggiù veggo Alcamo, di qua a là una Tempe. Il Golfo di Castellamare chiude la scena e par che sfumi nel cielo, nel cielo libero al desiderio che vi si sprofonda. Quell'acque lontane hanno un sorriso di promessa, in cui l'anima si confonde, come negli occhi di una cara fanciulla. Un po' di spiaggia, un po' di spiaggia! Mi sembra che là sapremo qualcosa di noi e del mondo, che a quest'ora ci ha giudicati.
      Stasera leggerò alla compagnia l'Ordine del giorno. L'ho trascritto nella cancelleria municipale di Calatafimi, dove il capitano Cenni tempestava rabbioso, non so perché. Leggerò:
      «Soldati della libertà Italiana, con compagni come voi io posso tentare ogni cosa». Che grido quando la compagnia udirà quest'altro passo: «Le vostre madri usciranno sulla via, superbe di voi, colla fronte alta e radiante!».
      Veggo su per l'erta il colonnello Carini, che se ne viene a cavallo di passo allegro. Che si parta?
      [DA CALATAFIMI A PALERMO]Alcamo, 17 maggio
      Sulla soglia d'una chiesetta, quasi in riva al mare.
      Da Calatafimi a qui fu una camminata allegra, per campagne fiorenti. Ma dappertutto vi era traccia della sconfitta che facemmo toccare ai regi: zaini, berretti, bende insanguinate buttate lungo la via. All'alba partendo si cantava; poi, tra per quella vista e per il sole che si alzò a schiacciarci, si tacque e si tirò innanzi come ombre.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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