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      Quelli sono giorni di grasso, l'oro non basta, vogliono il sangue.
      Il colonnello Carini che parla con tanto garbo, narrava anch'egli le storie dei masnadieri cavallereschi, che tennero passo in questa Conca. Io mi sforzava per tenere gli occhi aperti, sebbene non potessi reggere dal gran sonno, ma i più si addormentarono. Quando se ne avvide, Carini si tirò il mantello sul capo e sorridendo disse: «Come Mazzeppa, nell'ultimo verso del poema di Byron».
     
     * * *

      Odo dire che su d'un certo monte, di cui non mi riesce. scrivere il nome, si adunano a migliaia i Siciliani sotto il La Masa. Fosse vero! Perché sino ad ora siam pochi, e ancora mancano i buoni che abbiam perduti a Calatafimi.
      21 maggio. Sopra il villaggio di Pioppo,
      Grande allegrezza ieri sera verso il tramonto!
      Ci fecero levare il campo all'improvviso, e si susurrò che si andava a Palermo. Discendendo per la via che serpeggia, con isvolte strette, sin laggiù dove comincia la Conca d'oro, femmo la più gaia camminata che sia mai stata. Doveva venire una notte così piena d'avventure! A un tratto ci fermammo. — Che c'è? — Nulla. Si ha a dormire qui. — Come si chiamano queste quattro casupole? — Pioppo. — E seguitando per questa via, dove si va? — Prima a Monreale, poi a Palermo. — Tanto valeva restare al Passo di Renna — mugolò Gaffini, che trova sempre a ridire su tutto. Ma entrò anche lui colla compagnia sotto quel gran portico, dove fummo chiusi come una greggia. Ci coricammo e zitti.
      Prima dell'alba, eravamo già su, colle armi in ispalla.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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