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      — Verrei, se sapessi che farete qualche cosa di grande davvero: ma ho parlato con molti dei vostri, e non mi hanno saputo dir altro che volete unire l'Italia.
      — Certo; per farne un grande e solo popolo.
      — Un solo territorio...! In quanto al popolo, solo o diviso, se soffre, soffre; ed io non so che vogliate farlo felice.
      — Felice! Il popolo avrà libertà e scuole.
      — E nient'altro! — interruppe il frate: — perché la libertà non è pane, e la scuola nemmeno. Queste cose basteranno forse per voi Piemontesi: per noi qui no.
      — Dunque che ci vorrebbe per voi?
      — Una guerra non contro i Borboni, ma degli oppressi contro gli oppressori grandi e piccoli, che non sono soltanto a Corte, ma in ogni città, in ogni villa.
      — Allora anche contro di voi frati, che avete conventi e terre dovunque sono case e campagne!
      — Anche contro di noi; anzi prima che contro d'ogni altro! Ma col Vangelo in mano e colla croce. Allora verrei. Così è troppo poco. Se io fossi Garibaldi, non mi troverei a quest'ora, quasi ancora con voi soli.
      — Ma le squadre?
      — E chi vi dice che non aspettino qualche cosa di più?
      Non seppi più che rispondere e mi alzai. Egli mi abbracciò, mi volle baciare, e tenendomi strette le mani, mi disse che non ridessi, che mi raccomandava a Dio, e che domani mattina dirà la messa per me. Mi sentiva una gran passione nel cuore, e avrei voluto restare ancora con lui. Ma egli si mosse, salì il colle, si volse ancora a guardarmi di lassù, poi disparve.
     
     * * *

      È sera, e ancora non pare che il nemico sappia che sia stato di noi.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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