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      Invece era uno studente di matematica, che si chiama Bertossi da Pordenone.
      — Bertossi! Era a San Martino in un reggimento piemontese?
      — Sì, — mi rispose il compagno che interrogai.
      — Allora deve essere quello, che pel suo valore fu fatto ufficiale, sul campo di battaglia?
      — È quello, ma non lo dire; perché se lo sapesse se ne avrebbe a male.
      — Perché?
      — Perché è fatto cosi!
      Guardai quel giovane che ha vent'anni, e, alla barba nera e piena, pare di trenta. Stentava a credere che con quella fisionomia severa fosse stato lui a cantare, ma i versi del canto non erano indegni di lui.
      Che tesori di giovani in quella settima compagnia!
      A un tratto, mentre era già buio da un pezzo, la colonna si fermò. Eravamo nel punto più basso della valle; si bisbigliò che la vanguardia aveva incontrato il nemico; ma per fortuna non era vero, che se mai eravamo schiacciati. Ripresa la via, uscimmo presto dalle sinuosità paurose di quel terreno, e innanzi a noi, in alto, vedemmo una miriade di luci. Era Missilmeri illuminato, a quell'ora, per farci festa. A mezzanotte vi entrammo. Non vi era casa che non avesse un lume ad ogni finestra, ma gente per le vie poca. Si seppe di La Masa e delle squadre da lui raccolte quassù numerose, e ci parve di poter riposare tranquilli.
      All'alba ci raccogliemmo, e ci fu detto che entro un'ora si sarebbe pigliata la montagna, per venire qui a campo.
      Entrai in un bugigattolo per bere una tazza di caffè e vi trovai Bixio d'un umore sì nero, a vederlo, che me ne tornai indietro.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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