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      E nella confusione furono sparate alcune schioppettate contro un cavallo bianco, che veniva verso di noi come un fantasma. Povera bestia! portava il capitano Bovi, il quale si fece riconoscere alle grida! Cessammo quello scompiglio; ci rimproverammo tra noi, tremando che quei colpi fossero per mandare guasta ogni cosa; e tirammo innanzi vergognosi del silenzio severo del colonnello Carini.
      Per quei colpi i latrati dei cani crebbero vicini, lontani, infiniti.
      Passammo presso un casone immenso, addormentato o deserto; e, di là a pochi passi, entrammo nella strada grande che mena a Palermo. L'aria cominciava a rinfrescarsi per l'alba imminente.
      Dai gruppi di case man mano più frequenti, si affacciava la gente paurosa, guatando il nostro passaggio. Ci fu comandato di camminare a quattro a quattro; di tenerci a destra rasente i muri degli orti; poi accelerammo il passo... dalla testa della colonna s'udì una schioppettata, e un all'armi! gridato con disperazione: e allora fu un urlo terribile, un fuoco improvviso; un corri corri: «Avanti! Avanti!» entravamo nel combattimento.
      Urtammo in una calca di picciotti: li rovesciammo parte negli orti, e parte li trascinammo con noi. Uno di questi, signore, forse capo squadra, accusava quelli furente, e veniva via agitando la spada. Ma in quell'ira urlò: «Dio!» girò sopra se stesso, fece tre o quattro passi di fianco come un ubbriaco, e cadde là nel fossato, a piè di due pioppi altissimi, vicino a un cacciatore napoletano morto; forse la prima sentinella sorpresa dai nostri.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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