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      Siamo perduti in mezzo a questa moltitudine infinita che ci onora, ci dà retta, ci scalda d'amore.
     
     * * *

      Non v'è più dubbio. Simonetta è morto. Abbiamo incontrato un picciotto con una camicia a riquadri rossi e bianchi... Margarita lo fermò.
      — Dove hai preso codesta camicia?
      — L'ho levata ad un morto.
      — Dove?
      — Ai Benedettini.
      — Vieni con noi!
      Un buco nella camicia mostrava che il povero amico nostro fu colpito al cuore. Morì quel candido e forte giovane, senza uno di noi vicino, da dirgli: «Ne parlerai a mio padre!»
      Corremmo ai Benedettini, cercammo: nulla. Non si sa nemmeno dove l'abbiano sepolto!
      Mancano tanti altri di tutte le compagnie, che non sappiamo se siano morti, o feriti in qualche casa. Giuseppe Naccari, quel giovane alto con quella faccia da dipingere, che in marcia era la delizia della mia squadra, ha combattuto sino all'ultimo, senza andar a vedere i suoi, che l'aspettavano dall'esilio, qui in Palermo, chi sa da quanto. E ieri l'altro una palla lo colpì di sotto in su, mentre faceva fuoco da un campanile; gli entrò in un fianco, gli traversò dentro il petto, gli uscì da una spalla. Dicono che ne morrà. È venuto a cadere sulla soglia di casa sua.
      2 giugno.
      Di quei Bavaresi ricondotti da Bosco, ne sono passati già molti dalla nostra parte. Narrano che in quella marcia del ventiquattro, erano certi di raggiungerci e di finirci. Ma quando si accorsero di averci lasciati addietro, e seppero che eravamo entrati in Palermo, Bosco fu per impazzire.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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