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      San Filippo d'Argiro, 12 luglio.
      Partimmo da Leonforte col fresco delle due dopo la mezzanotte e camminammo lenti sino alla levata del sole. Allora ognuno diede una scossa come fanno gli uccelli, e volò coll'anima per gli orizzonti dell'isola. Le solite vedute. Boschi di mandorli come da noi i castagneti; terreni che dovrebbero gettar oro; qua e là gruppi di contadini che ci guardavano accidiosi e pensando chi sa che cosa di noi.
      San Filippo è una cittadetta gaia, e ci si dice che di qua al mare sia la più bella parte dell'isola. Arrivammo che una processione rientrava in chiesa da non so che giro fatto per chieder pioggia.
      Corre voce che una colonna di regi usciti da Siracusa ci attendono verso Catania, Dev'essere vero perché si partirà fra poche ore. Una battaglia là dove pugnarono gli Ateniesi di Nida; o a' piedi dell'Etna dove si svolsero tanti drammi delle guerre servili? E Garibaldi non è con noi! Ma se nel forte del combattere arrivasse da Girgenti Bixio, come un uragano?
      Adernò, 14 luglio. Pomeriggio.
      Ho fatto tutta la marcia con Telesforo Catoni che sin da Marsala desideravo d'aver amico. Egli era della compagnia Cairoli e studiava leggi a Pavia. Ha nella persona qualche cosa che attrista; non si sa perché, ma si sente certa compassione di lui. Una capigliatura nera lussureggiante; un par d'occhi che saettano, grandi, eloquenti; una testa che potrebbe essere piantata su d'un atleta; e invece una esilità di membra, un torso tenue che a un soffio dovrebbe piegare. Eppure non è stato addietro un passo, mai.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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