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      E vedrò passare, quasi fuga di forsennati in mezzo ai nostri, un gruppo di cavalli napoletani. Che vogliono, dove vanno? Intorno al Dittatore appiedato si fa un cerchio di quei cavalli, un arco di spade, di lancie turbina su di lui, suona fino ai più lontani del campo un urlo di gioia, di ferocia borbonica; ah quello può essere il momento che salvi la corona a Sofia! Ma Missori e Statella sentono che nel gran poema questo sarà il loro canto: e dalla pistola girante del Lombardo gentile, dalla spada del Siracusano cavalleresco, esce la morte meravigliosa. Fuggite, o lancieri! Il vostro capitano vi condusse da Messina promettendo la testa del Leone, ma non lo vedrete più. Cadde dal suo cavallo colla gola tagliata dal Dittatore. Egli è nella polvere. E Garibaldi dal Veloce che venne fulminando per l'alto mare ad offrirsi, torna a mettersi nella battaglia colle sue grandi ispirazioni di marinaio.
      Il canto del poema finirà narrando del vecchio castello, dei fuggenti a ricoverarvisi, di Bosco, inutile prode, che avrà per grazia del Dittatore spada e cavallo, mentre che ne uscirà patteggiato. E al Veloce, sopraggiunto, come fosse stata l'anima del morto Magiaro, si darà il nome di Tuköry, l'eroe di Porta Termini.
      Catania, 24 luglio.
      Parte la Compagnia straniera di Volf. La conduce verso Taormina il capitano Giulio Adamoli, un giovinotto lombardo tutto delicatezza e bravura. Vanno a vedere se da Messina si è mossa gente borbonica per affrontarci, e domani partirà la brigata.
      27 luglio.
      Arrivarono polverosi, ma abbaglianti; la banda in testa suonava una marcia guerriera.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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