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      26 d'agosto.
      A segno di stella.
      Il campo era così. Giù nelle bassure, e sulla riva del mare la brigata del general Briganti; su in alto come spettatori sulle gradinate d'un teatro antico, i nostri. Ma se i Napoletani non si arrenderanno, tutta quella nostra gente rovinerà loro addosso e li affogherà nel mare. Si aspetta; è notte, Garibaldi li vuole prima dell'alba; e agli avamposti.
      — Tenente, avete orologio?
      — Generale, no.
      — Non fa nulla! Coricatevi qui, così: guardate quella stella, quella più lucente, là: e guardate anche quell'albero. Quando la punta di esso vi nasconderà la stella, saranno le due. Allora su, e all'armi!
      Così, con la semplicità d'un Re pastore, con l'eleganza d'un eroe Senofonteo, meglio ancora! così come egli stesso nelle foreste vergini Riograndesi de' suoi giovani anni, Garibaldi diede l'ora a segno di stella.
      Ma d'assalto non ce ne fu bisogno. Dicono che il general Briganti si vide col Dittatore, e che patteggiò la sospensione dell'armi. Me l'hanno descritto. Che spettacolo tutta quella brigata ridotta a nulla, quei soldati mandati sciolti! Non li vidi, ne godo; devono essere cose da rompere il cuore.
      27 d'agosto.
      Altre nuove! Pare il marzo, quando i ghiacci si rompono, e vanno via a grandi pezzi portati dalla corrente. Il generale Melendez, con un'altra brigata, circondato dai nostri, la sciolse e se n'andò. I comandanti borbonici si lavano le mani di tutto l'uno su l'altro, da grado a grado; non c'è più disciplina, tutto si squaglia. Gli è che la Reggia e piena d'imbelli; e la Rivoluzione avvolse l'esercito come di un'aria che non si può respirare.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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