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      [LA BATTAGLIA DEL VOLTURNO]
      1° ottobre. Caserta. Nella piazza del Palazzo Reale.
      Eccoci qui di riserva, quasi tutta la Divisione Türr. La battaglia infuria, su d'una tratta, che a segnarla ci vuole tutto il gesto del braccio largo quanto si può farlo. Noi qui non si muore ancora, ma si provano delle angoscie come a essere nel Limbo. Veggo delle faccie d'un pallore mortale, ne veggo d'allegre, di pensose, di fatue; chi sa come è la mia?
      In un canto della piazza v'è un battaglione di Savoia, ora brigata Re. I soldati stanno sotto le tende, e gli ufficiali si aggirano intorno ad esse, forse temendo che qualcuno ne sgusci via e venga con noi. Ma ci guardano, e c'invidiano: noi da un momento all'altro possiam essere chiamati, essi no. No? Ma allora cosa ci son venuti a fare? Vedo un capitano, Savoiardo vero, certamente ancor di quelli del quarantotto. Volge verso noi i suoi occhi chiari, nei quali par la visione dei suoi compatriotti passati alla Francia. Forse gli piange il cuore, perché pensa che erano dei migliori; e che alla guerra quando si griderà: Savoia! Savoia non vi sarà più.
     
     * * *

      Ed ecco un altro capitano dell'esercito di Vittorio, ma dell'artiglieria. Giovane quanto me e già capitano, io lo credeva uno dei nostri, di quei vanesii che per pompa si fanno far la divisa. Ma dietro lui venivano stretti degli artiglieri, proprio di quei di lassù, qualcuno colla medaglia della Crimea. Vengono da Napoli, vanno in cerca di Garibaldi, vogliono darsi col loro capitano che si chiama Savio, nobile piemontese.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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