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      Cosa ci vorrebbe a fare lo scoppio d'una guerra civile?
      A un tratto, non da lontano, un rullo di tamburi, poi la fanfara reale del Piemonte, e tutti a cavallo! In quel momento, un contadino, mezzo vestito di pelli, si volse ai monti di Venafro, e con la mano alle sopracciglia, fissò l'occhio forse a legger l'ora in qualche ombra di rupi lontane. Ed ecco un rimescolio nel polverone che si alzava laggiù, poi un galoppo, dei comandi, e poi: Viva! Viva! Il Re! Il Re!
      Mi venne quasi buio per un istante; ma potei vedere Garibaldi e Vittorio darsi la mano, e udire il saluto immortale: «Salute al re d'Italia!». Eravamo a mezza mattinata. Il Dittatore parlava a fronte scoperta, il Re stazzonava il collo del suo bellissimo storno. Forse nella mente del Generale passava un pensiero mesto. E mesto davvero mi pareva quando il Re spronò via, ed Egli si mise alla sinistra di lui, e dietro di loro la diversa e numerosa cavalcata. Ma Seid, il suo cavallo che lo portò nella guerra, sentiva forse in groppa meno forte il leone e sbuffava, e si lanciava di lato, come avesse voluto portarlo nel deserto, nelle Pampas, lontano da quel trionfo di grandi.
      Sparanise, 27 ottobre.
      Ma allora, se così fosse come si susurra, ogni cosa sarebbe spiegata! Re Vittorio fu freddo nell'incontro con Garibaldi? Gli è che Francesco secondo è suo cugino, e che egli lo aveva invitato alla gran guerra contro i nemici d'Italia, ammonendolo. Anche si aggiunge che esista una lettera. Francesco non volle o non poté dargli ascolto.


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Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei Mille
di Giuseppe Cesare Abba
pagine 167

   





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