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      Questo gruppo di case per essere stato sede dei feudatari della terra si chiamava il castello; e gli abitanti venuti dopo costoro, padroni della parte pių vasta e ubertosa del paese, erano tutti signori. Nei vichi a pič del colle, le famiglie agiate e le case di bell'aspetto erano poche; ma in quello della riva sinistra del torrente se ne vedeva una, notevole per la grandezza, e pių alta di tutto un piano sul vicinato, quasi tutto catapecchie. Mostravano di qual sorta di gente fosse, il piazzale, l'atrio, il giardino che le fioriva da un lato; e pių di tutto le finestre ampie e chiuse di vetriate, le quali sebbene fatte a riquadri strettissimi, costavano di quei tempi molto danaro.
      A qualcuna di quelle finestre appariva talvolta una donna, cui si leggeva in faccia lo sconsolato pensiero di trovar quella casa troppo vasta per la sua poca famiglia; e i popolani della via la salutavano con rispettosa dimestichezza. Essi la chiamavano la vedova, e i ricchi la signora Maddalena. Aveva cinquant'anni, e mostrava la sessantina, sebbene i suoi capelli fossero ancora neri, e le pendessero dalle tempia due riccioloni, che nella sua giovinezza dovevano essere stati una leggiadria. Ma le guancie attenuate, alcune rughe della fronte, il pallore delle labbra, e pių di tutto il portamento della persona scemata; le davano quelle apparenze che fanno pensare al sepolcro. Essa non era nata a D...... ma dall'altra vallata della Bormida, come da terra straniera, ve l'aveva condotta sposa giovanissima il padrone di quella casa; col quale erano vissuti sempre d'un animo e d'un cuore; e morendo la lasciava con un figliuolo che nel 1794 aveva venticinque anni.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Maddalena Bormida