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      Costei era sempre stata lą dentro pił da padrona che da serva, e sebbene gią tanto vecchia non lasciava che altri vi si ingerisse di nulla. Essa in cucina, essa per le stanze, essa a far i bucati che governava meglio d'una biancaiuola di monastero; al tempo dei ricolti, faceva l'ufficio sin di gastaldo; e sempre le avvanzava qualche ora da godersela colla signora. Questa, di solito, stava seduta in una sala terrena ampia, sfogata, fresca d'estate, scaldata d'inverno da un gran camino, dinanzi al quale si tirava una cassapanca, che il rimanente dell'anno era lasciata nell'atrio a chi vi si volesse adagiare. Il tempo che erano insieme, la signora parlava del marito morto o del figlio lontano; e Marta raccontando cose antiche di castelli, di conti, di carnevali, si studiava di tenerla allegra; guardandola amorosa e con certa reverente dimestichezza; proprio come se fosse stata una sua figliuola, maritata per la sua bellezza e virtł alla buon'anima del padrone.
      La sera della seconda festa di Pasqua, dell'anno 1794, esse stavano appunto sole, in quella sala terrena aspettando Giuliano; il quale era andato a C.... a visitarvi il suo vecchio maestro: e quella era la terza gita che egli vi faceva, in una settimana, dacchč era venuto da Torino, a far la Pasqua in famiglia. Sebbene la signora si fosse maravigliata di quella frequenza, non aveva dubitato neppure un istante che suo figlio non andasse proprio per amore del vecchio prete; e tutta la giornata era stata malinconica ma tranquilla.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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