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      Marta chiamata a sparecchiare, venne dalla cucina imbroncita: e accesi due lumi da mano, uno ne porse alla padrona ed uno al giovane, ma non disse nulla. Egli salutata rispettosamente la madre, e data la buona notte alla vecchia, salì nella sua camera, al più alto piano della casa, proprio sopra quella della signora, alla quale non era mai parso di poter dormire tranquilla, se la notte egli non era in luogo da poterlo udire, solo che si movesse.
      Rimasta sola colla signora, Marta volle sfogarsi, e giungendo le mani proruppe:
      «Eh? L'ha inteso? E chi lo conosce più? Io da parecchi giorni vado in castello che mi pare di salire sul calvario.... e le occhiate del pievano comincio a capirle...»
      «Che pievano.... che occhiate?»
      «Certe occhiate bieche, come se volesse dirmi che io gli nascondo un peccato mortale....!»
      «Oh smettetela un poco anche voi! - interruppe la signora Maddalena, con un impeto di collera non più provato da chi sa quanti anni: - questa sera n'ho già di troppo.... andate a letto....!»
      Marta umiliata da quel tono insolito di parole, s'avviò alla porta che dava nell'atrio, per chiuderla come l'altre sere.
      «Lasciate! - proseguì la signora - questa sera chiuderò io.... no no.... andate vi dico, Marta.... vorreste cominciare ora a disobbedirmi?
      La vecchia chinò il capo, diede la buona notte con voce tremante, e andò a chiudersi nella sua cameretta terrena, in cui dormiva da sessant'anni. La signora pur sentendosi pentita del rabbuffo fattole, non istette a rattenerla per consolarla, come già il cuore le comandava.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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