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      Anzi li gridava dal pulpito a dirittura uomini perniciosi, citando esempi, facendo allusioni, dando a capire di chi voleva parlare; e queste erano piccole giunte alle prediche che egli sapeva fare, e che ogni tre o quattro anni tornavano sempre ad essere le stesse; perchč egli le studiava in certi quaderni di carta ingiallita, scarabocchiati sulle copertine con frappe, con date antiche, con nomi diversi di preti, annestati a motti latini. Quei quaderni erano una sorta d'ereditą passata per molte mani, e tenuta da lui molto riguardata in una cassetta, che il giorno del suo arrivo era parsa ai curiosi uno scrigno: e le pił belle di quelle prediche le recitava dinanzi ai nobili, che dal Monferrato o da altra parte del Piemonte, capitavano la state a pigliare i freschi nei loro poderi di quelle valli. Era conosciuto da tutti costoro, perchč tutti ei visitava lontano sin dove poteva andare e tornare in una giornata; e
      ne aveva avuto sempre doni e carezze. Diceva spesso d'uno molto potente in corte al Re di Sardegna, che gli aveva dato a capire, di non sapere bene se i preti gli avesse a chiamare prima o seconda milizia dello Stato; e che a sentir suo, nella loro gerarchia, un pievano era pari e forse da pił d'un capitano in quella dei soldati di sua Maestą. Del rimanente ogni volta che tornava fuori con questo discorso, finiva sempre dicendo che agli onori non si doveva badare; la massima che l'uomo non deve porre troppo affetto nelle cose terrene, nč in padre, nč in madre, l'aveva sulle labbra sovente, come fosse un suo proverbio; forse non aveva mai pianto, prosperava un anno pił dell'altro; nel 1794 faceva quasi la sessantina e il suo nome era don Apollinare.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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