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      Poi l'accompagnò col desiderio e coi voti verso la meta, oltre la quale vedeva e pregustava la sua e la parte di paradiso d'un'altra persona. Sposarsi a Bianca, condursela in casa, dirle: «qua dentro ogni cosa è tua; sii l'angelo del mio focolare; ringiovanisci della tua giovinezza mia madre; e viviamo d'amore essa, tu, io» era per lui qualcosa più che aver l'ali da volare in capo al mondo, girarlo tutto, e salire sino alle stelle. E già la vedeva venuta, già aver fatto l'uso alla nuova casa; marito gli pareva d'aver acquistato in essa una seconda coscienza; medico si sentiva tratto per la campagna a far il bene, ispirato dal desiderio di poterlo dire, tornando stanco, «ho fatto questo, ho fatto quest'altro....» padre, (questo poi era pensiero in cui si sprofondava col diletto preso da giovane a tuffarsi nei pelaghetti della sua Bormida, in tempo di gran caldura, mentre il suo genitore stava a vederlo;) padre gli pareva che avrebbe educati figli, degni di dar gloria fra gli uomini a quel Dio, nella cui bilancia dovrà pesare più una goccia d'acqua data ad un assetato, che una intera vita passata a star ginocchioni dinanzi a lui; ah! i figli, i figli! quel calesse arrivasse a C.... col buon'augurio, Giuliano v'era già col cuore!
      E il calesse andava, e tacerne sarebbe come voler nascondere al lettore, che di quei tempi gli abitanti di val di Bormida, non avevano mai veduto quattro ruote di quella fatta a girare. Eppure era un vecchio e gramo arnese, che ai giorni nostri farebbe sgomento al più modesto viaggiatore che se n'avesse a servire.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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