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      In faccia a questa bella natura che si risveglia, in questi giorni di vera risurrezione, facciamo come gli uccelli; li sente? Cantano d'amore e d'accordo che è un desio. E in quest'inno che si diffonde dalla terra al cielo, non ci capisce nulla, lei? Questo per me è una pasqua! e non mi par vero, che noi così piccini, eppure fatti a godere di sì grandi cose, ci abbiamo a guastare tra noi...
      «Come sarebbe a dire? - interruppe il pievano. - E chi siete voi che osate parlarmi a cotesto modo?
      «Io? Non sarei mai venuto a dirglielo; ma poichè lo vuole, sappia che io oso molto di più! Oso persino alzare la voce e la mente al cielo, dove mia madre m'insegnò da bambino a cercare quel padre che non s'addonta di udirci parlare amorosi tra noi; che capisce il suo, il mio, tutti i linguaggi; quel Dio che io amo, e che ella vorrebbe che io temessi...
      «Orgoglioso! - gridò il pievano, cui tremolavano le guancie, e il viso si faceva rosso: - orgoglioso ubriaco di letture infami! Li voglio! andiamo, venite a darmi tutti i vostri libri!»
      «I libri? E perchè non mi chiede addirittura i pensieri, il cuore, l'anima mia?
      «Ah giovane traviato! Uno come voi non ce l'ho mai avuto nella mia pieve; non ce l'hanno in tutti i parrochi delle Langhe! E non so che gran peccato io abbia commesso, per meritare il castigo di una pecora così marcia in mezzo al mio branco. Me ne duole per voi; ma verrà il vostro giorno, e vorrei che Dio v'aspettasse in buon punto. La morte galoppa, e sarà una bella gloria pel vostro casato, che si porti il vostro cadavere nel borro selvaggio, cogli scellerati, cogli empi, le cui ossa contaminerebbero quelle dei fedeli defunti.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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