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      «Che sposo? - sclamò la fanciulla colta all'improvviso, alzando i dolci occhi nel padre.
      «Eh via! non farmi la bambina! O che credevi che il barone venisse qua innamorato di me?
      «Se avessi viva mia madre, - rispose Bianca mestamente - mi consiglierebbe e risponderebbe per me: ora, babbo, la prego di dire a quel gentiluomo ch'io lo ringrazio, e che se mi lascerà stare pregherò sempre per lui.
      Come! come! come! - tempestò il signor Fedele, incrociando le braccia sul petto, e rimanendo a fissarla un tantino; - moviti e non farmi rage, che qui non è caso di ringraziamenti nè di preghiere! Ho fatto tutti i passi per amor tuo, e lo sposo è là che muore dalla voglia di parlarti.
      «Ebbene, gli chiegga perdono in mio nome, ma io di là non vengo.»
      A questa risposta calma e risoluta, il Signor Fedele dirugginì i denti, come un beccaio arrota i suoi coltellacci, ma si rattenne. E posta la mano sul capo della fanciulla, che s'era di nuovo curvata al lavoro, diceva colla voce più dolce che gli riuscisse fare:
      «Tu.... tu.... vorresti negare a tuo padre la gioia di vederti ricca; ossequiata da tutti questi gentiluomini; invidiata da tutte le signore del borgo; sposa d'un uomo, il quale, nonchè barone, deve essere un principe? Tu vuoi vederci morire lui e me?
      «Fosse il figlio del Re, piuttosto che sposarlo, morirei anch'io!»
      Non aveva finito di dire, che il Signor Fedele era lì per darle le mani nel viso: ma pensando a quel che ne poteva seguire, si trasse indietro un passo, e guardandola con occhio, che se fosse stato al buio, avrebbe mandato lampi, tese la mano verso di lei, quella mano che le aveva posta sul capo amorevole; e uscì di quella stanza.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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