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      Nei fondacci della sua coscienza, non credeva nè alla Madonna nè a San Francesco, nè agli altri Santi del Calendario: ma allevato a parlar ad essi colle mani giunte da bambino; a metterli in disparte da giovinetto; e da uomo maturo, ad averli sempre in bocca, e a giovarsene come di zucche legate ai fianchi per tenersi a galla sul pelago della bassa gente, che in essi avea fede e in Dio: adesso, di faccia al pericolo, si rivolgeva alla Madonna colla dimestichezza d'una femminetta, avvezza a parlarle a tu per tu, tutta la vita.
      Quella notte s'addormentò con addosso l'indigestione delle brutte nuove avute dal cascinaio; il quale le aveva raccolte un po' dai frati, un po' dai campagnuoli; e qualche ora prima che fosse l'alba, si svegliò come persona cui venga fatta forza, molle di sudore e tutto scompannato il letto, pel grande agitarsi fatto nel sonno. Aveva sognato d'essere soldato del re, caduto in mano ai Francesi con grossa compagnia. I barbari, trucidato e sparato il più grasso tra i prigionieri, se lo mangiavano, e ne davano a mangiare anche a lui, che provandosi con ogni sua forza a schermirsi, si trovava agguantato nella coda e nel mento, e costretto a spalancare le fauci; mentre uno di quei ribaldi lo imboccava di quelle carni spietatamente, spingendogliene in gola con una baionetta lunga lunga, che ad ogni tratto si mutava in un serpente.
      «Ahimè! - sclamò tastando il letto, e guardando nel buio cogli occhi pieni di quelle immagini, e colla gola arsa d'amarezza disgustosa: - ahimè! che spavento, Gesù Maria!


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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