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      L'affrettarsi, il tumulto, l'aspetto terribile di quelle turbe, armate di roncole, di bidenti, di falci, e financo di vecchi schioppi colti nelle guerre spagnuole di mezzo secolo prima; si accordavano in guisa tempestosa alla furia di parecchie donne che aizzavano gli uomini; e agli atti dei frati usciti dalle loro celle, agitando in aria i crocifissi, gridando guerra e morte, da parer forsennati.
      Man mano che la gente arrivava, faceva sosta attorno ad uno rialto; e chi mandava baci alla campana del convento, che dindonava rabbiosa anch'essa; chi spiegava al vicino la faccenda com'era, chi più voglioso di andare cominciava a spazientarsi; quando venne oltre sul rialto il guardiano, uomo venerabile per lunga barba, e per la bella salute, che ad onta dei molti anni vissuti gli splendeva sulle guance.
      Egli fece far silenzio alla moltitudine, la quale fu così pronta a star zitta, che si sarebbe inteso una mosca a volare. Allora trasse dalla manica un foglio, e vi lesse ad alta voce come predicando. Era il bando del Re, quel bando che ho menzionato più su, e che comandava ai sudditi di tenersi pronti al primo squillo di campana.
      «Lo squillo di campana è dato, - sclamò il guardiano quand'ebbe letto - è dato qui, a C...., a D...., per tutto in questa valle e nell'altre! Armiamoci e andate, o popoli, che Dio v'accompagni a sterminare quei giacobini maledetti, i quali vogliono discendere fra voi, a vuotarsi i granai, a contaminarvi le donne, a porre le mani nel sangue dei vostri sacerdoti!


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Dio