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      E si teneva certo del fatto suo; ma il guaio fu che qualcheduno, o donna, o uomo, l'aveva scoperto, e s'era messo a gridare:
      «Si! sì! i signori, eccone laggiù uno dei signori....
      «Il signor Fedele, l'avvocato! e' fugge.... dàgli dàgli... lo vogliamo con noi!
      «È vecchio! - diceva un frate.
      «Ed io son giovane? - rimbeccava un contadino.
      «Ed io son più vecchio di lui! - gridava un altro di quei furibondi - ho moglie e figli, e terre al sole per me il Signore non ce n'ha messe....»
      In mezzo a questo vociare, una dozzina di villici, accesi in viso come al tempo delle svinature; si lanciarono alla volta della palazzina, agitando le falci, i forcoli, il diavolo che brandivano, e chiamando a nome il signor Fedele.
      Questi toccata la soglia, s'era volto addietro alle grida; e al luccicare di quelle armi, credette di sentirsele cascare sul capo, entrare nelle reni fredde diaccie, si vide fatto in pezzi a dirittura, e peggio che nel sogno della notte innanzi.
      «Son morto!» sclamò, e chiuso l'uscio a due mandate, tirò il catorcio, mise la stanga, non istette a rispondere alle figlie, venute a lui piene di terrore: ma per un andito scuro si cacciò in cantina, si buttò carponi; e squarciandosi i vestiti, e insozzandosi le mani e il viso, spingi, ponza, e rispingi, potè rannicchiarsi sotto un tino, donde mandò fuori rangoloso queste parole, alle figlie:
      «Se non mi volete morto, andate via di qua...! Via...!»
      Subito un gran rumore di colpi, menati contro la porta, fece ammutolire le poverette che lo pregavano a uscir di là sotto, e più terribili dei colpi s'udirono queste grida furiose:


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Fedele Fedele