Pagina (126/480)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      ..; e ad ogni evento, nel mio inginocchiatoio, troverete di che vivere...: ah! son pur venuti i giorni amari!»
      La povera donna imbambolò, più pel suono della voce insolito ed amorevole, che per le parole; e intanto la campana continuava a suonare, e il sagrato a popolarsi, e il giorno a farsi chiaro, e l'ora della partenza vicina. Allora il pievano mandò un ragazzo a prendere il posto di Mattia sul campanile, e fece dire a costui che scendesse ad arnesargli la giumenta, e al popolo che aspettando cantasse il Vexilla.
      Un urlo che parve di selvaggi tuonò sul piazzale, destando un'eco solenne dalla chiesa; poi s'intese l'inno cantato da voci gravi, diverse; e ad ogni tratto nuova gente, signori e villani alla rinfusa, si mettevano in coro. In mezzo alla folla si vedeva Mattia, che teneva a mano la cavalcatura del padrone, tastando cinghie, rivedendo ordiglioni, parlando sommesso alla bestia, quasi per darle ad intendere dove l'avrebbe portato.
      Alfine, avendo bevuto il caffè, ed essendo l'ora di porsi in cammino, il pievano apparve sulla soglia del presbiterio. Aveva indosso una giubba smessa, in gamba certe brache vellose e rattoppate; e in un fagottino recava la talare, che poteva accadere d'averne mestieri. Appena fu visto, scoppiò un gran battimani; ed egli ringraziata co' cenni la folla, aiutato alla meglio montò a cavallo. Poi data un'occhiata a Placidia, rimasta alla finestra, piangente e sbalordita; tese la mano e sclamò: «Dio è con noi! Ci siamo tutti? Andiamo!»
      Discesero di castello, e trovarono al piano altra gente, con armi, e forcoli e falci, cento maniere d'arnesi atti a far sangue.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





Mattia Vexilla Mattia Placidia Dio