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      «Ed io la faccio a voi; perchè i desinari, le cene, le paia di capponi, ed anco le doppie che aveste da me, stanotte ve le farò costar care, se non mi menerete a cavare il tesoro, che m'avete promesso mille volte....!
      «Oh! siete voi Zirione?» - disse Mattia fingendo le meraviglie; e levatosi in piedi fece segno di voler tirare in disparte il villano, che don Apollinare non avesse a udire quei suoi imbrogli. Ma l'altro, piantato come era là innanzi, mosse al tirar di Mattia come a un soffio di vento, e soggiunse tentennando il capo:
      «Sì....! fate le viste di ravvisarmi adesso...! Io invece penso a voi da tre giorni; e non ho fatto che misurare cogli occhi le distanze dai nostri monti a questi; mi sono messo in tutte le posture, e ho capito alla fine, che noi siamo appunto su quelle cime che voi mi additavate dicendo che erano la nostra Spagna, che vi era un tesoro, e che un giorno o l'altro ci saremmo venuti.... Eccoci.... ci siamo, e il can per l'aia non lo meno più.... Poche parole! se il tesoro l'avete cavato voi, datemi la parte mia....
      «Ah! - sclamò Mattia mostrandosi offeso: - se non mi stimate più per un galantuomo, allora....!
      «Galantuomo? Ebbene se lo siete...., il tesoro l'andremo a cavare insieme e adesso....
      «Ma non pensate, che bisogna avere un palo di ferro, una marra, un diavolo che ci porti voi e me?
      «L'ho qua io l'arnese....; ci aveva pensato....»
      Mattia guardò il bastone su cui il villano si reggeva, e vide che era un badile. Si pentì allora della magra scusa trovata, e con aria di voler capacitare l'altro, diceva: «ma.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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