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      Pensando alle tante lame che s'era visto balenare sul capo; alle tante palle uditesi fischiare rasente gli orecchi; e vedendo che la battaglia durava accanita; tenne per un beneficio del cielo l'essere prigioniero dei repubblicani: ai quali, per dire il vero, avrebbe un'ora prima avvelenato il cibo, l'acqua, e sino l'aria se avesse potuto. Menato lontano parecchie miglia, al primo campanile che gli venne veduto torreggiare sopra una terricciuola della spiaggia, ricolse il fiato; diede un'occhiata alle campane e pianse, ma una lagrima sola; perchč i Francesi vincevano, e parevano risoluti quel giorno, a farla finita coi Sardi, cogli Alemanni, col diavolo se loro si fosse parato innanzi; e da prigioniero, sentiva di pericolare meno assai, che da libero colle turbe, pronte a far testa sul Settepani.
      Sul qual monte, sebbene confuso, lo strepito delle artiglierie era giunto sino dal rompere dell'alba; e aveva riscossa la gente degli stormi, che rimase in ascolto stupefatta, come di cosa mai pił sentita. Io mi figuro quelle turbe quali fossero, rammentando l'atto di tale che vidi curvo al cratere del Vesuvio, porgere l'orecchio ai boati, che s'odono prorompere da quelle profonditą tenebrose.
      Come furono certe che, essendo il mare tranquillo, quel mugghiamento non poteva essere che cannonate, s'accesero gli animi; e chi aveva schioppo si diede a rivedere la pietra, a rinfrescare la polvere nello scodellino, a contare le palle che teneva in serbo; e gli armati di falci, ch'erano i pił, cominciarono a menare le coti, facendo uno stridore, che aveva qualcosa di barbarico insieme e di grande,


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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