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      «Dove sono? gridavano - dove sono gli scomunicati? Vengano, vengano! A noi toccherà finirli!
      «Ed io - giurava uno altamente - se non avrò falciate le gambe a mezza dozzina di quei basilischi, non tornerò più a casa...!
      «Animo! - dicevano da tutte le parti molti che forse da giovani erano stati soldati; - mettiamoci in ordine; vogliamo darci dentro come a falciare il fieno! Sangue ha da essere! sangue da vedersi scorrere a rigagni!
      «Ohè! e i signori...? Signori capi, che cosa fanno...? Si va innanzi? Si va innanzi? Si sta? Che staremo qui a grattarsi le ginocchia sino al dì del giudizio...? All'armi, da bravi!»
      Quelle povere genti, avvezzate da quattro anni a pensare dei Francesi come di tanti malfattori; aizzate dal pulpito e dal confessionale, avevano salutato l'avvenimento che s'appressava, come il giorno d'un gran voto da sciogliere. Il vecchio sangue ligure, sebbene assottigliato di molto traverso i secoli del feudalismo, tornava a ribollire nelle loro vene; e le braccia poderose e i petti irsuti, erano pronti a dare e a ricevere la morte con animo grande. Ma, vergogna a dirsi! i preti i primi, poi i vecchi gentiluomini, da ultimo i più giovani, cominciarono a parlar basso, tra loro, a buccinare freddure, a dar sulla voce ai più volenterosi fra i popolani: e quando sulle vette di Montecalvo, e nella gola di Melogno, apparvero i primi fuggiaschi Alemanni, i quali s'affannavano nella fuga, confusamente; allora quei preti, quei gentiluomini, si chiarirono donnicciolucce da rocca e da presepio.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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