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      Del quale non si riseppe nulla: perchè il villano che l'aveva visto cadere in mano degli Alemanni, o paura o vergogna tacque di quella ventura. Pochi si dolsero per lui, perchè ognuno aveva a rallegrarsi di sè stesso; nè lo pianse la moglie. Costei, l'aspettò una settimana giusta; e quando le parve d'avere aspettato invano, sedendo al telaio e pigiando le calcole, cantò una sua frottola con questo ritornello strano:
      /* E se non torna il cuculo in aprile, È morto è morto, il povero animale. */
      Non v'era rima; ma essa pigliava diletto a cantare, perchè le pareva di dire al mondo, che nulla le spiaceva d'essere al buio sulle sorti di suo marito: dal quale aveva sempre buscato più ceffate che carezze.
      A poco a poco il terrore della calata dei Francesi si quetò; e si rimase nella vallata con questa notizia, che gli Alemanni s'erano tenuti in forza sui monti di San Giacomo, del Settapani e degli altri, i quali a foggia di cortina stanno tra le valli della Bormida e il mare. A quel che si diceva, i Francesi sebbene vincitori, non osavano avventurarsi di qua dell'Apennino: i popoli respirarono; ognuno attese a mettere in salvo le cose di pregio; non si vedeva l'ora d'aver tirato in casa i ricolti; i preti tornavano a predicare la crociata contro gli invasori ma non erano creduti; e intanto si avanzavano i grandi giorni d'estate.
      CAPITOLO IX.
      Sul pensiero che Don Apollinare non aveva peranco smesso il rancore rimastogli contro Giuliano; nacque nella mente della signora Maddalena quest'altro, che Don Marco, non essendosi più fatto vivo, avesse dimenticato lei, il suo figliuolo e il caso doloroso d'un amore, in cui la sventura pareva aver posta la mano.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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