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      In un campicello a ridosso del borgo, cinque o sei marrani lavoravano a scavar fosse: venivano i soldati coi morti e coi morenti sulle spalle, e li buttavano nelle buche, che poveretti s'aggrappavano ancora alle prode per tornar fuori; ma una zappata sul cranio e una palata di terra sulla bocca, troncavano il grido disperato e il pensiero della famiglia lontana. Se ne racconta tuttavia ai nostri giorni, e si sanno le ultime parole di quei miseri, sin dai fanciulli; i quali, dopo scuola, vanno a ruzzare in quel campicello; e la sera ne fuggono, spauriti dai fuochi fatui, che scambiano per l'anime di quei sepolti vivi.
      Nell'opera di misericordia, don Marco ebbe compagni alcuni preti del borgo, e cinque o sei frati del convento venuti, all'annunzio, volonterosi. Ma non era tra questi il padre Anacleto, il quale per nulla al mondo si sarebbe staccato da Bianca; bisognosa di lui, sanatore dell'anima sua. In quei pochi giorni, aveva fatto con essa molto cammino sulla via della salute; e mi duole non poterlo mostrare che in fretta e quasi di scorcio, nei suoi portamenti. Si ricorda il lettore, che l'avevamo lasciato in refettorio, a fantasticare sopra un dipinto? Ebbene; egli non aveva voluto por tempo in mezzo, e sin dall'indomani era tornato alla palazzina. Trovata Bianca che scerpava erbe sotto il pergolato, e ne dava ad un agnellino nato di fresco; s'era fermato a guardare la fanciulla e l'animaletto vezzoso, che ora le saltellava attorno; ora spiccava corse, sprigionando un'allegrezza tenuta dentro a fatica; ora ruzzolava in un fossato: e Bianca sorrideva.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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