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      Da un mese in qua mi si è oscurato il cuore; mi par d'essere in fondo a un abisso; a momenti m'agguanterei, per uscirne, a ferri infuocati; a momenti vorrei starvi per sempre, nè rivedere più il mondo, nè me stessa...!
      «E di Giuliano... di questo giovane cui pare abbiano dato il nome dell'apostata sin dal sacro fonte, presaghi di quello che sarebbe diventato...; di questo Giuliano che legge libri proibiti, che non va in chiesa, non fa la pasqua, oltraggia i ministri dell'altare; e deve essere scritto a qualcuna di quelle Società, in cui si beve sangue facendo il patto; e s'impara il segreto infernale di mutarsi in qualunque bestia per far malefici; e si giura morte ai sacerdoti e a Dio: di questo Giuliano, tu non le sapevi le belle cose che io ti dico, coll'anima che mi trema dentro, e colle labbra scottate dalle parole che mi paiono carboni accesi?»
      A questo segno e senza quasi addarsene, il frate si trovava colle braccia aperte, la persona curva, l'occhio intento su Bianca; la quale vinta a poco a poco, s'era lasciata cadere ginocchioni atterrita; e teneva il viso alto, sicchè la barba di lui le ondeggiava sul collo e sul seno. L'agnellino li guardava coll'occhio stupefatto dell'innocenza; e pareva un simbolo, in un quadro dove fosse dipinto un esorcismo.
      Oh! che pallidezza! che cuore era quello di Bianca! D'amare Giuliano, non s'era confidata mai, salvo che a Don Marco, alla signora Maddalena, e alla zia Maria: ora il frate, come aveva saputo quel nome, e come i segreti del giovane, gli orribili segreti, che erano per essa più che la scoperta d'un cadavere di lebbroso, nel sito ove credeva nascosto un tesoro?


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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