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      ...» Il pover'uomo spinto da lui ripartì; forse pensando da chi avrebbe toccata la mercede di quella sua fatica; chè quanto al signor Fedele non buscarla subito, voleva dire non buscarla mai più; piacendo al leguleio d'essere stimato, in queste cose, uomo di corta memoria. La mancia l'avrà avuta da don Marco; il biglietto del quale, diceva alla lesta, com'egli avesse in casa il barone, ferito malamente; corresse a vederlo, che il poveretto non voleva altri che lui!
      «Sono segni del cielo! Corri tu pure, - disse il frate al signor Fedele - e trova modo di portar qua il barone... Chi sa? La compassione può dare l'ultimo ajuto a movere l'animo di Bianca... va.»
      In quattro passi il signor Fedele fu in casa; in altri quattro tornò sul prato con panni da gentiluomo indosso: e stretta la mano al frate e dettogli che alle donne aveva nascosto il perchè della sua andata al borgo; rimasero che questi sarebbe stato attorno alla fanciulla, per disporla a quelle accoglienze ch'essa doveva usare al barone; dove per buona sorte lo si fosse potuto trasportare alla palazzina. Con questo l'uno partì, e l'altro salì dalle signore.
      Bianca e Margherita lavoravano di cucito, vicine alla zia Maria; cui la gioia di riaverle, come essa diceva, sotto gli occhi, dava nel viso una bella rallegratura. La minorella era gaia, e Bianca silenziosa: dire che non fosse mesta sarebbe troppa bugia, ma un po' più serena la pareva davvero; e se n'era accorta sin la cieca, la quale diceva di conoscerla al colore del viso, ma in verità l'argomentava dai sospiri di lei meno frequenti.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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