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      «Bisognerà sentire mio padre...
      «Oh! benedetta la mia vita! Voi Bianca verrete a far meravigliare le donne delle mie contrade, comparendo un momento in mezzo ad esse! Un momento solo..., poi torneremo quassù, e vi farò signora di tutto quel che vi parrà bello...! Io farò vostro quel castello, che vedeva là dal mio letto, e in questi giorni lo riedificai colla fantasia mille volte...! E lo riedificherò per voi davvero..., vi chiameranno la castellana, ed io sarò l'uomo più felice di questa terra...! Dov'è vostro padre?
      «Non è in casa... rispose a fatica Bianca.
      «Non è in casa? - sclamò l'Alemanno turbato; poi sentendo dar giù quel bollore dell'animo, proseguì umiliato: «allora.... perdonatemi.... mi perdoni, Bianca, io non lo sapeva...»
      E salutando modestamente, lasciò lei che non mosse; discese le scale, uscì dalla palazzina, e aprendo il petto a quell'aria pura del mattino, non più respirata da lunga pezza, temprò un poco quella sorta di sgomento in cui era caduto. «O bei colli - sclamò - patria mia dell'avvenire, io vorrei baciare ogni vostra zolla! Ma essa..., che dirà di me...? Penserà che io stetti in agguato per coglierla sola?» Questo pensiero gli fece scottare la terra sotto le piante; vagò senza badare per dove; e alla fine s'abbandonò a piè d'un filare d'avellani, forse a un trar di mano dalla palazzina.
      La fanciulla, rimasta un tratto come persona che pena a destarsi; rinvenendo da quella sorta di stordimento, sentì qualcosa che poteva essere rimorso e sdegno dell'Alemanno, di sè, di tutto; ma udendo la zia che entrava in sala, fuggì paurosa in punta di piedi; prese le scale, fu alla porta della cascinaia, la chiamò a bassa voce come per un brutto sotterfugio; e corse con essa difilata al convento.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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