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      «Bianca - diceva la cieca, mestissima nell'aspetto, venendo oltre per la sala, colle mani tese verso la parte dove la fanciulla soleva stare: - ho inteso... tutto... tu dunque lo sposerai? tu ci lascierai qui sole, e andrai tanto lontana, che neanco sapremo di te se sarai viva o morta? Non ti ricordi di quel giorno, di don Marco, della signora Maddalena...? Oh tu singhiozzi...! tu non lo sposerai no, tuo padre non fisserà nessun giorno...! tu sei più mia che sua, nevvero? Vieni... vieni Margherita... (e porgeva la mano a questa che veniva dietro lentamente), vieni... preghiamola, povera Bianca... ti vogliono ingannare...
      «O zia, - diceva Margherita - Bianca non v'è mica, non v'è...
      - Come! - esclamò damigella Maria, corrugando la fronte; e il petto le si affannò, la gola le si gonfiò di singhiozzi l'uno incalzato dall'altro, vacillò, si resse a Margherita, e tacque.
      In questo mezzo Bianca giungeva al convento. Sotto il portichetto, donde si godeva la bella vista dei pergolati, alcuni laici sedevano sulla cassapanca colle mani in mano; di certo chiacchierando di pace e di guerra, che tale era di quei giorni l'oggetto d'ogni discorso. All'apparire di lei, forse si misero a parlare della sua bellezza, e ci avranno avuto il garbo, che avrebbe a suonar la cetra quell'animale, di cui ricorre il nome quando tra uomini si vuol dirsi ingiuria.
      Come la giovinetta fu vicina a costoro, dimandolli del padre Anacleto, dove lo si potesse vedere; ed uno, il quale alla colatura di cera che aveva sulle maniche del saio pareva il sagrestano, pose lei e la cascinaia su di una viuzza che menava a trovarlo.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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