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      Si prostrò dinanzi all'immagine del Santo e proruppe. «O San Francesco, sia vostra gloria, se io senza correre in contrade selvagge, senza attraversare mari e deserti, ho potuto togliere al diavolo l'anima di questa fanciulla! Così il buon pievano di D..., potesse acciuffare il giacobino che la voleva perdere; acciuffarlo e guardandogli bene in viso, dirgli: «ma chi t'ha posto in corpo la legione di demoni che tu ci hai? Pentiti, pentiti, pentiti!» e dargli intanto squassi e benedizioni, finchè gli avesse tutti vomitati...!
      Nella foga del dire, per poco non tese la mano ai capegli dipinti del Santo, scambiandolo per un vivo, ma subito la rattenne proseguendo: «San Francesco benedetto, tutta questa settimana e la ventura, dirò messa al vostro altare...!»
      Ciò detto, si mise di nuovo su quella pietra, si recò in mano l'incannucciata che stava formando; e s'affrettò a terminarla cogli occhi sull'opera, e i pensieri nel barone ed in Bianca.
      La quale rientrando nella palazzina, udì la zia e Margherita che parlavano tra loro in sala; e pur vergognandosi vinta dalla curiosità, intese queste cose.
      «Dunque non c'è verso a trovarla? - diceva la cieca - Ma si fosse almeno certi della sua fuga...! Oh traditore! E colui? Affacciati, guarda se lo vedi sempre?
      «Sì - rispondeva Margherita - è laggiù all'ombra degli avellani...»
      Bianca udì; e quelle parole della zia le fecero come una fiammata levatasi improvvisa dal cuore per tutta la vita. Non sapeva bene il perchè, ma si sentiva ferita proprio nel vivo dell'anima; e fattasi forza salì, si mise dentro la sala, severissima nell'aspetto.


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Le rive della Bormida nel 1794
di Giuseppe Cesare Abba
1875 pagine 480

   





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